Basket: a quando la scissione?

Dopo la famosa “aria rancida” di cui ha parlato Sergio Scariolo ai microfoni di Radio24, dopo le dichiarazioni del suo presidente (quello di Milano, per chi non seguisse) Livio Proli al Corriere della Sera, che hanno indotto il procuratore federale Alabiso a convocare entrambi il 26 maggio, è arrivato anche il presidente di Casale Monferrato (e de “Il Sole 24 ore Spa”) Giancarlo Cerutti su Repubblica.it.

In queste ultime due interviste vi sono due dichiarazioni di particolare rilevanza, per me: una di Proli e l’altra di Cerutti.

Il primo, alla domanda di Roberto De Ponti sulle proposte (mancate) dell’Olimpia Milano in Legabasket ha risposto così: “In un mondo cosi apatico non ho mai espresso una mezza idea, perche sarebbe annegata nella palude. Anzi, avrebbero detto: qual è il suo vero fine? Io poi non capisco di basket…”. Niente male.

Il secondo dice a Stefano Valenti: “I problemi delle società vanno affrontati in maniera più professionale e strutturata. Nell’interesse stesso del movimento del basket è fondamentale che tutti accettino regole chiare e precise. Che poi ci sarebbero pure. Va inquadrato ancora meglio il sistema dei controlli, economici e finanziari. Se non è incombenza della Lega, allora che la Lega se ne faccia promotrice verso la Federazione affinché le regole siano severe e rispettate. Ed i controlli effettuati in tempi rapidi. E la Lega li supervisioni nell’interesse dei suoi soci. Quel documento è stato condiviso da Cantù, Varese, Treviso, Cremona e Venezia”.

Ora, quando la FIBA propose la SuproLeague generò una reazione furiosa dei top team europei, che si scatenarono e crearono una nuova Eurolega, con una governance del tutto diversa (con un uomo forte al comando, Jordi Bertomeu). Non si può dire che il prodotto non piaccia, anche se soffre del fatto di dover accogliere per forza tante realtà diverse, con problemi, situazioni fiscali, di eleggibilità dei giocatori del tutto differenti tra loro in partenza. Difficile omologare tutto questo, ma l’Eurolega ULEB ha ormai concluso la sua dodicesima edizione, e l’aspetto più positivo è probabilmente la ricerca continua del proprio perfezionamento: dalle norme amministrative, alla gestione dei calendari, alle variazioni del format.

Dunque, se questo sistema italiano che fa capo alla Legabasket è veramente “un mondo apatico”, “una palude”, e fa dire a Ceruttti “se le nostre aziende fossero gestite allo stesso modo, non oso immaginare“, perché i migliori imprenditori, i più importanti personaggi coinvolti nel basket italiano non decidono di uscire, di creare un movimento alternativo, di imporre loro delle regole nuove, certe, sicure, con l’obiettivo (vero, stavolta) dello sviluppo di questo sport?

Io, personalmente, mi sono disamorato del basket italiano non da oggi: non è nemmeno corretto scoprire nel 2012 che ci sono società che non pagano, quando da anni (e anni, e anni) ormai abbiamo notizia di situazioni di gravi criticità, e tanti club ci hanno lasciato le penne (il che vuol dire anche che ci sono giocatori, allenatori e agenti che hanno perso dei soldi, e persone che hanno perso il lavoro). Non riesco per questo ad appassionarmi a “#imieiplayoff”, perché non basta un hashtag su Twitter per dimenticarsi che questo sport non interessa ai media, e di conseguenza non interessa a nessuno (il caso La7 è lì a dimostrarlo). Ok, non a nessuno: diciamo a pochissima gente su scala nazionale, tolte le “appartenenze” locali per mere questioni di tifo.

Io dico: Proli (Armani, cioé), Cerutti, ma anche quei club che secondo il patròn di Casale condividono il suo punto di vista, invece di andare alle assemblee di Lega dove club che a momenti non hanno occhi per piangere deliberano l’allungamento dei quarti e delle semifinali al meglio delle sette partite, aprite un nuovo ufficio, una nuova Lega, diventate dei nuovi interlocutori. Che succederebbe? Vi accuserebbero di essere disfattisti? Tanto meglio. Se una cosa non funziona, non va bene, se non c’è crisi ma agonia (sempre citando Cerutti), molto ma molto meglio disfarla. O no?

Pietro

Una testata e due tiri liberi. Zizou e Siska, ritirarsi a 34 anni

Ramunas Siskauskas, dunque, ha annunciato il suo ritiro dal basket. Lo ha fatto a 34 anni, alla stessa età di Zinedine Zidane, che giocava sempre a palla ma con i piedi.

In entrambi i casi, comunque, trattasi di personaggi destinati a fare la storia dei loro rispettivi sport, e in entrambi i casi la loro uscita di scena è stata plateale quanto disgraziata. Di come “Zizou” (ex stella di Bordeaux, Juventus e Real Madrid, capopopolo per la Nazionale francese) abbia chiuso la carriera calcistica ne abbiamo tutti memoria: ha usato (male) la testa.

Invece che per segnare, come fece per due volte nella finale contro il Brasile del 1998, decise di sfruttarne la potenza per mettere giù Marco Materazzi e lasciare i suoi in 10, senza guida, verso i calci di rigore di un’altra finale mondiale. Per Ramunas il discorso è un pò diverso. C’entrano le emozioni ma lui non è tipo da “colpi di testa”.

Pur non essendo stata la sua ultima partita in assoluto, la finale di Eurolega persa dal CSKA contro l’Olympiacos contiene l’immagine che accompagnerà per un pò Siskauskas, per anni e anni la miglior ala piccola disponibile in questo continente. Quei due tiri liberi sbagliati a 9.7 secondi dalla fine, evento rarissimo ma che curiosamente era già avvenuto in questa stagione proprio contro l’Olympiacos, al Pireo, in una partita di Top 16.

Solo che a Istanbul, in finale, grazie a quei due errori i greci hanno avuto in mano il match ball per chiudere la rimonta da -19, e con Printezis non lo hanno sbagliato. Brutto, davvero, associare “Siska” a un’immagine perdente, che non gli appartiene affatto. I suoi titoli e la sua storia sono lì a dimostrarlo.

Smette di giocare, dunque, uno dei più eleganti realizzatori degli ultimi anni. Uno che abbiamo potuto apprezzare – per fortuna – anche in Italia (sua prima meta straniera dopo il Lietuvos Rytas Vilnius) grazie alla Benetton Treviso, prima di vederlo con Panathinaikos e CSKA, appunto.

Lascia un pezzo di cuore di tutti gli appassionati di basket che si sono innamorati della splendida Lituania. Per fortuna Sarunas Jasikevicius è ancora dei nostri. Non sono ancora pronto ad accettare anche il suo ritiro, sebbene sia più “vecchio” di due anni rispetto a Siskauskas. No, quello proprio non lo sopporterei.

Pietro