@marcocrespi, dimmi se ci ho preso

Quei pochi minuti dopo aver raggiunto il massimo vantaggio (28-35 a 3’16 dalla fine del terzo quarto) sono costati la partita a Siena in casa del Galatasaray.

Proprio lì, con la partita psicologicamente e tatticamente in mano, alcune inopportune deviazioni dal piano partita hanno concesso a Guler di esplodere quei 10 punti che hanno tolto il mabubrio dalle mani dei giocatori della Montepaschi.

Della quale, però, ho apprezzato la disciplina nei restanti 37′.

Siena ha compiuto delle scelte precise, per me, magari impopolari. Non attaccare il ferro, rinunciando di fatto ai tiri liberi (saranno 4 alla fine) accontentandosi dei tiri in sospensione. Non andare a rimbalzo d’attacco, o almeno non con tanti uomini. Cose che però hanno portato a diversi vantaggi, essendo situazioni scelte e non imposte dalle circostanze. Non attaccando il ferro si sono evitate palle perse dovute a contatti o eccessivo traffico (alla fine soltanto 6), e il tiratore (dalla media o da tre) era piazzato già per il rientro difensivo, non essendosi quasi mai verificata la situazione di inferiorità numerica in transizione dovuta (magari) a un giocatore che resta a terra dopo un contatto o troppo avanti rispetto alla palla, una volta recuperata dagli avversari.

E non mandare uomini a rimbalzo d’attacco ha avuto praticamente lo stesso effetto, perché dopo il tiro si era subito pronti a occupare gli spazi per evitare la transizione avversaria e riempire l’area. Anche perché, contro una squadra che cambiava sempre, magari il “piccolo” tirava contro un “lungo” lontano da canestro, e a rimbalzo poteva già esserci una situazione di mis-match favorevole.

La protezione dell’area è stata fatta egregiamente, con la gentile collaborazione dei tiratori del Galatasaray (2/19 da fuori), che di certo hanno rinforzato la scelta tecnica di Siena. Che, a dispetto dei numeri (12 rimbalzi offensivi concessi, non pochi contro 26 difensivi catturati) a mio avviso ha lavorato bene anche a rimbalzo. Poi, se hai una belva come Pops Mensah-Bonsu (che ha preso tanti rimbalzi offensivi – 8 – quanto tutta Siena) e tu sei leggero fisicamente per questo livello, la scienza tattica può poco di fronte all’evidenza.

Si voleva, insomma, una partita a basso ritmo, che poi si è tradotta in bassissimo punteggio, ma soprattutto di altissima disciplina, laddove sbagliare un tiro non era un problema mai, sbagliare una scelta, anche una sola, poteva compromettere molte certezze.

Per cui, anche se uscita dal campo sconfitta, con un record di 1-5 (ma ancora possibile la qualificazione alle Top 16, giocando in casa con Bayern, Zielona Gora e Malaga), io dico che sinceramente la Montepaschi di Istanbul mi è piaciuta. Mi è sembrata una squadra con un piano, molto chiaro, con una coesione e un’identità ben diverse rispetto anche solo alla partita di andata. Quindi ben allenata e dove, evidentemente, quelli che giocano sono “sulla stessa pagina”.

Poi magari Crespi mi risponde che mi sono inventato tutto, ma a volte val la pena tentare.

Pietro

UPDATE – Gli appunti di Marco Crespi

Olympiacos-Siena a parti invertite, cosa può cambiare (by @beppaccio)

Giuseppe Nigro, che chi segue questo blog ha già letto precedentemente, continua la sua analisi della serie dei playoff di Eurolega tra Olympiacos Pireo e Montepaschi Siena. Qui con un nuovo genere letterario: il preview last-minute. A voi.

Solo il trasferimento al Pireo dirà se gara-due ha girato la serie tra Montepaschi e Olympiacos. Ma di certo Siena ha cominciato a fare la serie, invece che a subirla. Ha costretto i greci a trovare contromisure al post basso di Moss e Thornton e alla bidimensionalità di Andersen, li ha puniti coi giochi a due tra Rakocevic e Lavrinovic, invece di inseguire la squadra di Ivkovic come era stato in gara-uno sulla strada del doppio play e non solo.

Tutto bello, e a 6′ dalla fine Siena era ancora a +12, eppure non c’è mancato molto che finisse come in gara-uno. Perché? Innanzi tutto per i cinque rimbalzi d’attacco concessi nei primi cinque minuti del quarto periodo a un Olympiacos già bravo a punire la strategia senese di aiuto e recupero sui giochi a due. Poi perché McCalebb non si è mai accorto dei cambi difensivi che lasciavano Andersen contro un piccolo.

Quando è entrato Zisis e li ha puniti, l’Olympiacos ha smesso di cambiare: spiazzata, Siena si è impantanata in attacchi ai 24 secondi cambiando lato senza aver costruito niente, in cui servire Andersen e aspettare che inventasse qualcosa (ha conquistato falli). E’ così che Siena di fatto non ha più segnato su azione negli ultimi cinque minuti, sbagliando oltretutto quattro degli ultimi sei tiri liberi (erano stati quattro degli ultimi cinque in gara-uno): a un primo conto della serva, è qui che Siena ha rischiato di buttare via una partita eccellente per tre quarti e mezzo.

E ora? Pur essendo rimaste ancora inesplorate molte varianti tattiche, la storia di questo tipo di serie dice che non necessariamente ci sono rivoluzioni copernicane in ogni partita rispetto alla precedente: lo conferma lo svolgimento simile delle prime due gare, pur con le differenze tattiche evidenziate. Ma certo il trasferimento della serie in Grecia cambierà le carte in tavola, anche solo nell’atteggiamento delle squadre: di chi dovrà fare la partita e chi giocherà di rimessa, direbbero nel calcio.

Siena riuscirà ancora a tenere Spanoulis (almeno direttamente) fuori dalla serie? Cambierà qualcosa nel difendere sui suoi pick&roll per evitare che si accenda ancora chi, come Antic e Printezis, è bravissimo ad approfittare degli spazi che si aprono altrove? McCalebb e Andersen, già protagonisti nelle prime due partite, potrebbero calare? Poi c’è l’incognita Lavrinovic: perchè ha giocato meglio gara-due tornando in campo dopo 48 ore piuttosto che gara-uno da riposato? Serve la prova affidabile di uno tra l’australiano e il lituano per stanare Dorsey e Papadopoulos col tiro da fuori o punire i cambi difensivi.

Su un campo in cui quest’anno è passato solo il Cska, Siena ha bisogno di capire se vuole vincerla con migliori percentuali dalla media distanza, e l’anno scorso funzionò coi canestri inventati da Hairston e Jaric ma anche Kaukenas e Rakovic, o se è meglio ampliare il raggio di tiro e cercare di più il tiro da tre: solo tre volte in venti partite quest’anno la squadra di Pianigiani aveva avuto meno tiri da oltre l’arco che con l’Olympiacos (16 e 13), e aveva segnato meno delle 5 triple di gara-uno e due solo nei due ko a Barcellona e con Kazan.

La differenza è quella tra prendersi i jumper nelle pieghe lasciate dalla difesa greca sperando di essere in giornata, o piuttosto riuscire a mettere la palla dove si vuole, lavorando più e meglio per costruirsi piedi a terra da tre punti. Come? Portando la palla sotto (spalle a canestro ai lunghi o agli esterni di post basso, sui tagli dei lunghi nei giochi a due, con le penetrazioni dei palleggiatori) e poi riaprendola fuori a tiratori affidabili approfittando degli spazi che la difesa dell’Olympiacos collassata in area ha in verità lasciato sul perimetro più durante la stagione che nel corso di questa serie.

La differenza torna a essere dunque mentale. Tra inseguire i greci, prendendo i tiri che lasciano, o costringerli a inseguire, provando a prendersi i tiri che fin qui non si è riusciti a costruire come al solito.

Per seguire bene Siena vs Olympiacos (by @beppaccio)

Giuseppe Nigro, giornalista, amico e profeta, introduce ai lettori di questo blog la serie di playoff tra Montepaschi Siena e Olympiacos Pireo, che si ritrovano per la seconda stagione consecutiva ai quarti di finale di Eurolega. We’re talking about basketball, ovviamente.

IL SITO DELL’EUROLEGA

Il dato immediato della serie tra Montepaschi e Olympiacos è il rematch della serie dell’anno scorso, vinta da Siena col ribaltone fragoroso dopo il -48 di gara-uno. Rispetto ad allora, al Pireo non ci sono più Teodosic, Nesterovic, Papaloukas e Bourousis, per citare solo i più titolati. Oltre a Rakovic, Siena non ha più Jaric e Hairston, che furono i protagonisti della serie, ma ha aggiunto Andersen, Rakocevic, Thornton e di fatto McCalebb, allora solo convalescente.
Da quando ci sono i playoff, 21 serie su 27 sono state vinte da chi ha portato a casa gara-uno. Delle sei eccezioni, tre sono arrivate l’anno scorso: tra queste, il playoff tra toscani e Reds.

MILLE CHIAVI
E’ impressionante la parata di opzioni che i roster di Montepaschi e Olympiacos hanno nel proprio arsenale. Per questo è appassionante pensare alle possibili chiavi della serie, mille, sapendo bene che se ne potrebbero vedere a manciate nella stessa partita, e che di contro alcune potrebbero non vedersi mai. E in una serie a tre, quattro, cinque partite, quello che vale una sera, potrebbe non contare più 48 ore dopo o nel resto del confronto. Non sarà la serie la partita a scacchi tra Ivkovic e Pianigiani (l’anno scorso a senso unico), lo sarà ogni singolo possesso: 750-800 partite a scacchi in tre settimane.

IL CAMMINO MONTEPASCHI
Siena ci arriva avendo vinto 11 partite su 16. Ha perso le ultime due delle Top 16, a qualificazione di fatto in tasca, dopo averne vinte otto di fila a cavallo tra la prima fase e l’inizio della seconda: nel frangente ha tenuto tutte le avversarie sotto i 70 punti tranne il Barcellona, comunque battuto e tenuto a 74. In casa in stagione la Montepaschi ha perso con Kazan e Real; fuori, al di là di Lubiana e Gdynia, è stata capace di vincere in casa di Unics e Galatasaray, e di stravincere a Madrid e Malaga.

IL CAMMINO OLYMPIACOS
L’Olympiacos arriva ai quarti dopo un cammino di 9 vittorie e sette sconfitte. Sull’orlo dell’eliminazione, ha chiuso le Top 16 con tre vittorie su quattro. Anche nella prima fase ha chiuso con cinque vittorie nelle ultime sei gare: occhio quindi anche all’interno della serie con Siena, eventualmente, a darlo per morto troppo presto. Fuori casa ha vinto solo sui parquet di Nancy ed Efes, ma al Pireo è passato solo il Cska (e non fa particolarmente testo).

COME CI SI ARRIVA
La Montepaschi è stata la migliore nelle Top 16 al tiro da tre (44,7%) e per numero di palle perse (8,8). Ma il periodo di brillantezza offensiva pare lontano: a parte la sparatoria col Real, negli ultimi 40 giorni ha segnato almeno 80 punti solo in finale di Coppa Italia con Cantù.

McCalebb, in doppia cifra da 14 partite di fila, è stato il top scorer della Top 16 a 16,8 punti di media. Vassilis Spanoulis invece è stato nominato mvp del mese di febbraio: non si vedranno sempre l’uno contro l’altro, ma il manifesto della serie è la sfida tra le loro individualità e tra i sistemi di basket che si sviluppano intorno alle loro caratteristiche.

LA BATTAGLIA DEI POSSESSI – PRO SIENA
La Montepaschi ha fin qui orientato in proprio favore il numero di possessi grazie alla propria gestione del pallone. E’ la squadra che perde meno palloni in Eurolega, il 14,7% dei possessi. Ed è dopo Panathinaikos e Barcellona la squadra che costringe le avversarie al maggior numero di palle perse, il 19,5% dei possessi. Un numero vicino alle perse dell’Olympiacos, che arrivano nel 19,2% dei possessi: una persa ogni cinque palloni giocati.

LA BATTAGLIA DEI POSSESSI – PRO OLYMPIACOS
L’Olympiacos ha fin qui orientato in proprio favore il numero di possessi grazie alla propria forza d’urto sotto i tabelloni. Già squadra sopra la media per percentuale di rimbalzi difensivi presi (72,5%), i greci aumentano il numero di possessi andando a prendere sotto il tabellone avversario il 31,6% dei palloni disponibili: solo il Panathinaikos fa meglio tra chi è arrivato fin qui. Praticamente l’Olympiacos si riprende un pallone ogni tre tiri sbagliati: un dato molto simile a quello dei rimbalzi offensivi concessi dalla Montepaschi, che sotto il proprio tabellone lascia alle avversarie il 31,7% dei palloni.

LA BATTAGLIA DEI POSSESSI – TIEBREAKER
Tra il saldo perse/recuperate di Siena e i rimbalzi dell’Olympiacos, avrà la meglio chi riuscirà ad attaccare il punto di forza degli avversari. Se permanesse l’equilibrio, la parità di possessi sulla carta premierebbe la Montepaschi. Siena ha infatti un miglior coefficiente offensivo (108,1 punti segnati ogni 100 possessi, dietro solo a Cska e Panathinaikos tra chi è arrivato fin qui: l’Olympiacos è a 104,6), e soprattutto un coefficiente difensivo molto migliore: 96,9 punti subiti ogni 100 possessi, contro i 103,7 dell’Olympiacos, di gran lunga la peggiore tra le squadre arrivate fin qui. Tutto questo sulla carta e fin qui, solo il campo dirà come si accoppiano le squadre.

DIFESA SIENA VS ATTACCO OLYMPIACOS
L’Olympiacos ha avuto il sesto attacco più produttivo dell’Eurolega con 77,4 punti segnati di media pur essendo terzultimo per tiri dal campo (57,4), perché è primissimo per viaggi in lunetta (23,8): praticamente va a tirare due liberi ogni cinque tiri su azione.

L’Olympiacos è comunque quarto per percentuale da due (53%), riuscendo a trovare da sotto il 40,8% dei propri punti: solo l’11,1% arrivano dalla media distanza, dove è per percentuale la seconda peggior squadra di Eurolega col 31,5% di realizzazione: è da lì che Siena deve farlo tirare.

La chiave per la Montepaschi è la difesa sui pick&roll orchestrati da Spanoulis: probabile che decida di raddoppiarlo perché il suo tiro da fuori va rispettato, con l’obiettivo di non far uscire la palla se non in tempi e modi diversi da quelli voluti dall’Olympiacos, ma il greco è capace coi cambi di direzione di arrivare comunque fino in fondo, e può aggiungere la terza dimensione dell’arresto e tiro in allontanamento: per Siena sarebbe comunque l’ideale.

Oltre ad avere l’ingombro per portare via la difesa aprendo spazio alle entrate di Spanoulis, i tagli in area di Dorsey vanno rispettati con l’intervento in aiuto di un terzo uomo dal lato debole. Printezis, bravo anche a creare dal post basso, e Antic sono micidiali a punire queste situazioni o i raddoppi sugli isolamenti di Papadopoulos spalle a canestro: meglio mandare in aiuto Moss, o Thornton, piuttosto che Stonerook. Lettura della difesa e fisico compatto per poter fare giocate da piccolo, rendono Hines una bestia d’area nonostante i pochi centimetri, pericoloso in uno contro uno.

DIFESA OLYMPIACOS VS ATTACCO SIENA
Quarto attacco più produttivo dell’Eurolega con 79,5 punti di media dopo una Top 16 da leoni (82,2), la Montepaschi è quarta per punti per possesso e seconda al tiro da tre (39,9%). Dall’altra parte il 41,5% dei punti concessi dall’Olympiacos sono quelli in cui ti fa arrivare al ferro. Dipende dalla scarsa indole di alcune individualità e dalla scelta frequente dei greci di affidarsi ai cambi difensivi: scelta utile a far perdere fluidità agli avversari, ma che dall’altra allenta le responsabilità individuali nell’uno contro uno soprattutto quando attaccata in contesti dinamici.

Sta dunque alla Montepaschi far collassare in area la difesa dell’Olympiacos per poi riaprire per facile tiri piedi a terra che Andersen, Lavrinovic ma anche Ress, più di Stonerook, hanno nel loro arsenale. Atteso in area da Dorsey e Papadopoulos, McCalebb dovrà batterli coi cambi di direzione e sui primi due passi (la sua forza) perchè poi hanno leve lunghe per stopparlo se li ha ancora addosso una volta arrivati al ferro. Nei momenti in cui cerca maggiore consistenza difensiva, Ivkovic preferisce affidarsi ai quintetti con meno centimetri ma più intensità con Antic e Hines insieme.

In contesti meno dinamici, il punto di forza di Siena è poter mandare i propri esterni spalle a canestro: l’Olympiacos ha i giocatori per poter marcare uno ma non due esterni in post basso. Da qui la Montepaschi potrà punire coi già citati tiri da fuori dei lunghi o attaccare coi cambi di lato trovando la difesa sbilanciata. Paiono fatte apposta per lo scopo anche le uscite a ricciolo di Rakocevic dai blocchi e i giochi a due tra lui e Andersen o Zisis e Lavrinovic per mettere in mezzo un non difensore come Spanoulis. Ma molti punti per Siena dovranno arrivare in campo aperto: è il suo punto di forza, e la transizione difensiva non è certo un fiore all’occhiello dell’Olympiacos.

Ce n’è abbastanza per giocare non una serie di tre, quattro o cinque partite, ma un intero campionato. E alla fine, nel gioco di conoscenza reciproca e togliere i punti di forza all’avversario, potrebbero decidere solo poche di queste mille sfumature. E forse nessuna tra quelle citate…

Applaudo Siena, e sono curioso

Quattordici trofei su sedici (in Italia) dalla stagione 2006-07 a oggi. Non serve altro commento per parlare della Montepaschi Siena e di ciò che sta facendo nel basket italiano.

Giusto oggi mi sono chiesto: saranno già iniziate le grandi manovre senesi?

Perché, va sottolineato, questa squadra si avvia ad esaurirsi.

La vittoria in Coppa Italia è stata splendida, schiacciante. Controllando Sassari, scappando e poi lottando contro Milano, devastando Cantù.

Quarta Coppa Italia in quattro anni, prima squadra di sempre a riuscire in questo. Vittoriosa in campionato da cinque (vedremo come andrà ai prossimi playoff). Qualunque cosa si possa pensare di questa squadra, non si può che rispettarne la forza e la capacità di vincere. Almeno, io la penso così.

Ora sono curioso di capire come tutto questo sarà riprogettato, con un budget che verosimilmente andrà rivisto al ribasso. Ed è chiaro che non si può pensare a troppo futuro con questo roster (quattro giocatori classe ’77, due classe ’78, un ’79, due ’80, contando anche l’infortunato Kaukenas).

E allora mi piacerebbe sapere quali sono i piani, anche di Simone Pianigiani. Nel senso che rifare una squadra è sempre più difficile che farla, e ci vogliono motivazioni particolari (non inferiori, rispetto a continuare con una squadra che si conosce alla perfezione ma semplicemente diverse).

Come vorrà rifarla Siena questa squadra? Promuovendo qualcuno e rinunciando a qualcun altro? Monetizzando su McCalebb, Andersen o Lavrinovic? Provando a tenerseli tutti e tre consumando parecchio budget? O solo due? O solo uno?

Con Pianigiani? O con quale altro allenatore? Banchi? Uno straniero?

Si vedrà mai qualche ragazzo uscito dalle giovanili diventare un giocatore importante per questa squadra, posto che in passato di ottimi ragazzi ne sono passati di lì?

Aspetto con grande curiosità le risposte a tutte queste domande, perché il cambiamento ultimamente mi incuriosisce. La preparazione al cambiamento, ancora di più. Cioè sono curioso delle idee.

Pietro

Tutto a post (sabato mattina tra calcio e pallalcesto)

Calcio

Dall’ultima partita giocata da Thiago Motta (Milan-Inter 0-1), giocatore ritenuto incedibile da Claudio Ranieri, l’Inter ha messo insieme codesti risultati:

Una vittoria (2-1 sulla Lazio giocando malissimo), un pareggio (4-4 contro il Palermo), quattro sconfitte (a Lecce, a Roma, in casa con Novara e Bologna, senza mai segnare e subendo nove gol). Va detto che Motta ha saltato (e avrebbe saltato) Lazio e Lecce comunque, a prescindere dalla cessione.

La cessione di Motta ha aperto nuovi scenari e nuovi obiettivi all’allenatore nerazzurro: giocare per non avere “il problema della coppa” nella stagione 2012-13. Un modo concreto di avanzare verso l’invocato (e giusto, come idea generale) Fair Play finanziario.

NBA

Qualche giorno fa eravamo i soliti in redazione e abbiamo fatto caso al 4-23 di pochi giorni fa. Era il record dei New Orleans Hornets prima di questo filotto di tre partite consecutive. Monty Williams, visto da fuori, mi sembra un allenatore che sa il fatto suo. La sua squadra difende benissimo e lotta sempre. Solo che perdere due All-Star (uno anche un pò più star dell’altro, cioé Paul rispetto a West) e non avere quasi mai i due giocatori più importanti arrivati per sostituirlo (Eric Gordon ha giocato solo due partite, segnando anche il tiro della vittoria a Phoenix nella prima uscita stagionale, Kaman al suo meglio s’è visto poco) è un massacro che non si merita. Non se lo merita nemmeno Marco Belinelli: trentanove punti nelle ultime due partite, diciassette questa notte quando proprio gli Hornets sono riusciti a far perdere la prima partita a Jeremy Lin (che ne ha comunque messi ventisei con cinque assist, quattro recuperi e 8/18 al tiro, ma con nove palle perse). Terza vittoria consecutiva per gli Hornets, un premio anche al lavoro di Marco, che alla NBA ci tiene come pochi altri giocatori, non solo europei.

Coppa Italia di basket

Sono curioso di vedere la partita tra Montepaschi Siena ed EA7 Emporio Armani Milano, la prima semifinale (l’altra è Bennet Cantù-Scavolini Siviglia Pesaro e mi incuriosisce lo stesso, solo un pò meno). In partita secca queste due squadre non si sono mai affrontate, in questa stagione Simone Pianigiani ha subìto la sua unica sconfitta da allenatore contro Milano e l’Olimpia non vince nulla da sedici anni (Coppa Italia e Scudetto ’96). Pianigiani regalò una battuta, dopo quella sconfitta al Forum di Assago: “Finirà sto lockout, no?”. Il riferimento era a Danilo Gallinari, che lo aveva appena battuto dominando nei minuti decisivi della partita. Motivi di interesse ce ne sono, anche per verificare se davvero Milano sta guarendo (quattro vittorie nelle ultime cinque partite tra campionato, Eurolega e Coppa Italia) oppure se Siena è ancora molto più lontana dei sei punti di distanza in classifica.

Se ci fosse stato “Pierino”?

Piero Bucchi, detto “Pierino” in tono colloquiale (e non certo per paragonarlo ad Alvaro Vitali visto che lui assomiglia di più a Christopher Walken), ha allenato per due stagioni e un tot l’Olimpia Milano, che si chiamava ancora Armani Jeans e non EA7 Emporio Armani.

Esonerato dopo una sconfitta a Cantù e un record che diceva 9-3 in campionato (curioso, anche il record di Scariolo dopo l’ultima sberla per Milano in Brianza), oggi si potrebbe sostenere che quella decisione fu ingiusta. Ma solo se guardiamo i numeri, perché nella sostanza (il gioco, diverse scelte, le dichiarazioni) le prestazioni della squadra sotto la sua guida sono state molto al di sotto dello standard richiesto in una società come quella.

Bucchi ha lasciato (o meglio, è stato lasciato) dopo aver completato solo due delle tre stagioni che avrebbe dovuto chiudere: un sesto e un terzo posto in regular season (a 24 e 18 punti di distanza dalla prima, ovviamente Siena), con due finali scudetto raggiunte anche per pochezza altrui e uno 0-8 nelle finali contro la Montepaschi. Più una Top 16 raggiunta (e bene, in un girone difficile e rimontando anche il CSKA di Ettore Messina in una delle più belle serate vissute al Forum negli ultimi anni) e una no, una Coppa Italia raggiunta (facendosi eliminare da Avellino segnando appena 55 punti) e una no. Ma, come detto, più di questo contavano il brutto gioco, le scelte ostinate, le poche varianti tentate per rimediare alle situazioni, un palese scollamento tra la realtà dichiarata e quella constatata (cioè: la valutazione delle partite).

E quindi si è deciso di voltare pagina. Non commentiamo i mesi con Dan Peterson in panchina, che non hanno fatto registrare alcun passo avanti tanto che la squadra che c’era è stata smantellata. Si cambia tutto, si prova ad alzare il livello.

Scariolo, dunque: scelta incontestabile quanto a prestigio, soprattutto dopo l’ufficialità (visto che ha vinto il secondo titolo europeo consecutivo con la Spagna mesi dopo aver firmato con Milano), arrivato con l’appellativo “Don Sergio” conquistatosi grazie alla sua brillante carriera iberica (anche due titoli ACB e due di Copa del Rey).

In più, l’Olimpia ha avuto tempo per costruire la squadra e anche soldi veri da spendere (fatto non trascurabile in questi anni di crisi). Nomi grossi come Nicholas e Fotsis (Panathinaikos), Bourousis (Olympiacos), semi-grossi (Cook da Valencia e Hairston da Siena), aspiranti-grossi (Radosevic dal Cibona Zagabria) come rinforzi estivi. Poi, visto che c’era il lock-out, pure Gallinari, non previsto dallo spartito (con lui in campo 6 vinte e 2 perse in campionato, 15 nella vittoria contro Siena 63-56 che ha interrotto una serie di 21-0 dei toscani negli scontri diretti).

Tutto questo per arrivare a oggi. Campionato: 12 vinte, 8 perse. Eurolega: 5 vinte, 9 perse tra regular season e Top 16 (l’eliminazione è ormai dietro l’angolo a meno di miracoli). Se i soli numeri dovessero decidere del destino di un allenatore Scariolo non avrebbe scampo, ed è troppo intelligente ed esperto per non saperlo.

A specifica domanda del giornalista de La Repubblica (Massimo Pisa, che segue l’Olimpia da anni) aveva respinto con un sorriso spietatamente ironico (e pure un po’ beffardo) l’ipotesi delle dimissioni, dopo la sconfitta a Varese di qualche settimana fa. Domanda che non è stata posta dopo la débacle interna contro Sassari (senza Travis Diener). Se prendiamo in esame i risultati del 2012 al momento abbiamo: 3 vinte e 5 perse in campionato, 1 vinta e 3 perse in Eurolega.

Diciamolo pure, un bilancio drammatico. Anche perché in campionato le sconfitte sono arrivate a Teramo (oggi 6-12), in casa contro Treviso (8-11), a Biella (9-10), a Varese (10-10) e quindi (dopo due discrete prestazioni e buone vittorie contro Pesaro e Bologna, dirette rivali ormai) il -10 in casa contro Sassari (12-8), dopo la quale ha detto di “essere stufo di prendersi responsabilità non sue” (Ma allora di chi?). Da tre partite (quattro, comprendendo quella al Forum contro Kazan in Eurolega) c’è J.R. Bremer: l’uomo di personalità tanto invocato (visto che allenatore e presidente hanno espresso il parere che gli altri giocatori non ne avessero, o comunque non abbastanza. Chissà come facevano Nicholas e Fotsis da Obradovic, senza personalità). Prima di lui era arrivato Alessandro Gentile, che in personalità abbonda pure lui. Pure troppa, visti gli uno contro tutti giocati da questi due ragazzi contro Sassari.

Ma quello che manca a questa squadra, vista da fuori, è un gioco. Un’idea. Una rotazione definita. Chiarezza nei ruoli. La capacità di leggere le partite. La capacità di sfruttare le qualità individuali (e particolari) dei singoli giocatori invece di metterli in croce per ciò che non sanno fare (non è credibile “scoprire” che Cook non ha tiro, Bourousis fa fatica difensivamente sui pick and roll, che Nicholas non sia un giocatore che fa la differenza dal palleggio e altro ancora, vista la caratura, l’età e l’esposizione avuta da questi giocatori nelle ultime stagioni).

Praticamente manca a questa squadra quello che le mancava, a giudizio della critica (e anche mio), quando in panchina c’era Piero Bucchi, che pure aveva ambizioni (e atleti) di livello inferiore. Ora, se ci fosse stato “Pierino”, sarebbe durato fino a oggi? La risposta probabilmente è sì, visto che la società milanese ha difeso il precedente allenatore a lungo. Bene fa, se crede in Scariolo, a difendere anche lui.

Ma di questa situazione, di questa apatia e di questo non gioco (perché, dai, il basket dovrebbe essere prima di tutto divertente e al Forum chi si diverte?) qualcuno dovrà pur essere responsabile. L’allenatore? I giocatori? I dirigenti? Il presidente? Insomma, ragazzi, qual è il problema? A mio parere attorno a questa squadra gira troppo poco entusiasmo e troppa voglia di dimostrare serietà. Cosa che se si traduce in musi lunghi fa solo del male.

Si può (anzi, si deve) essere seri e col sorriso sulle labbra. La pallacanestro può essere elevata a scienza purché non si chieda a tutti di viverla come tale. E soprattutto quando questa scienza, al momento, è ben lontana dall’apparire esatta. I giocatori, per definizione, giocano lavorando. Anzi, lavorano giocando.

Però questa squadra esprime poco sentimento, poca passione, poco divertimento. E se non ti diverti è impossibile giocare bene, divertire anche il pubblico, vincere le partite (se non in maniera occasionale). Ma perché questa squadra non si diverte (e non da ieri sera. O l’ha nascosto molto bene)? Questa è, davvero, la cosa che non capisco.

Pietro