Tutto a post (sabato mattina tra calcio e pallalcesto)

Calcio

Dall’ultima partita giocata da Thiago Motta (Milan-Inter 0-1), giocatore ritenuto incedibile da Claudio Ranieri, l’Inter ha messo insieme codesti risultati:

Una vittoria (2-1 sulla Lazio giocando malissimo), un pareggio (4-4 contro il Palermo), quattro sconfitte (a Lecce, a Roma, in casa con Novara e Bologna, senza mai segnare e subendo nove gol). Va detto che Motta ha saltato (e avrebbe saltato) Lazio e Lecce comunque, a prescindere dalla cessione.

La cessione di Motta ha aperto nuovi scenari e nuovi obiettivi all’allenatore nerazzurro: giocare per non avere “il problema della coppa” nella stagione 2012-13. Un modo concreto di avanzare verso l’invocato (e giusto, come idea generale) Fair Play finanziario.

NBA

Qualche giorno fa eravamo i soliti in redazione e abbiamo fatto caso al 4-23 di pochi giorni fa. Era il record dei New Orleans Hornets prima di questo filotto di tre partite consecutive. Monty Williams, visto da fuori, mi sembra un allenatore che sa il fatto suo. La sua squadra difende benissimo e lotta sempre. Solo che perdere due All-Star (uno anche un pò più star dell’altro, cioé Paul rispetto a West) e non avere quasi mai i due giocatori più importanti arrivati per sostituirlo (Eric Gordon ha giocato solo due partite, segnando anche il tiro della vittoria a Phoenix nella prima uscita stagionale, Kaman al suo meglio s’è visto poco) è un massacro che non si merita. Non se lo merita nemmeno Marco Belinelli: trentanove punti nelle ultime due partite, diciassette questa notte quando proprio gli Hornets sono riusciti a far perdere la prima partita a Jeremy Lin (che ne ha comunque messi ventisei con cinque assist, quattro recuperi e 8/18 al tiro, ma con nove palle perse). Terza vittoria consecutiva per gli Hornets, un premio anche al lavoro di Marco, che alla NBA ci tiene come pochi altri giocatori, non solo europei.

Coppa Italia di basket

Sono curioso di vedere la partita tra Montepaschi Siena ed EA7 Emporio Armani Milano, la prima semifinale (l’altra è Bennet Cantù-Scavolini Siviglia Pesaro e mi incuriosisce lo stesso, solo un pò meno). In partita secca queste due squadre non si sono mai affrontate, in questa stagione Simone Pianigiani ha subìto la sua unica sconfitta da allenatore contro Milano e l’Olimpia non vince nulla da sedici anni (Coppa Italia e Scudetto ’96). Pianigiani regalò una battuta, dopo quella sconfitta al Forum di Assago: “Finirà sto lockout, no?”. Il riferimento era a Danilo Gallinari, che lo aveva appena battuto dominando nei minuti decisivi della partita. Motivi di interesse ce ne sono, anche per verificare se davvero Milano sta guarendo (quattro vittorie nelle ultime cinque partite tra campionato, Eurolega e Coppa Italia) oppure se Siena è ancora molto più lontana dei sei punti di distanza in classifica.

Se ci fosse stato “Pierino”?

Piero Bucchi, detto “Pierino” in tono colloquiale (e non certo per paragonarlo ad Alvaro Vitali visto che lui assomiglia di più a Christopher Walken), ha allenato per due stagioni e un tot l’Olimpia Milano, che si chiamava ancora Armani Jeans e non EA7 Emporio Armani.

Esonerato dopo una sconfitta a Cantù e un record che diceva 9-3 in campionato (curioso, anche il record di Scariolo dopo l’ultima sberla per Milano in Brianza), oggi si potrebbe sostenere che quella decisione fu ingiusta. Ma solo se guardiamo i numeri, perché nella sostanza (il gioco, diverse scelte, le dichiarazioni) le prestazioni della squadra sotto la sua guida sono state molto al di sotto dello standard richiesto in una società come quella.

Bucchi ha lasciato (o meglio, è stato lasciato) dopo aver completato solo due delle tre stagioni che avrebbe dovuto chiudere: un sesto e un terzo posto in regular season (a 24 e 18 punti di distanza dalla prima, ovviamente Siena), con due finali scudetto raggiunte anche per pochezza altrui e uno 0-8 nelle finali contro la Montepaschi. Più una Top 16 raggiunta (e bene, in un girone difficile e rimontando anche il CSKA di Ettore Messina in una delle più belle serate vissute al Forum negli ultimi anni) e una no, una Coppa Italia raggiunta (facendosi eliminare da Avellino segnando appena 55 punti) e una no. Ma, come detto, più di questo contavano il brutto gioco, le scelte ostinate, le poche varianti tentate per rimediare alle situazioni, un palese scollamento tra la realtà dichiarata e quella constatata (cioè: la valutazione delle partite).

E quindi si è deciso di voltare pagina. Non commentiamo i mesi con Dan Peterson in panchina, che non hanno fatto registrare alcun passo avanti tanto che la squadra che c’era è stata smantellata. Si cambia tutto, si prova ad alzare il livello.

Scariolo, dunque: scelta incontestabile quanto a prestigio, soprattutto dopo l’ufficialità (visto che ha vinto il secondo titolo europeo consecutivo con la Spagna mesi dopo aver firmato con Milano), arrivato con l’appellativo “Don Sergio” conquistatosi grazie alla sua brillante carriera iberica (anche due titoli ACB e due di Copa del Rey).

In più, l’Olimpia ha avuto tempo per costruire la squadra e anche soldi veri da spendere (fatto non trascurabile in questi anni di crisi). Nomi grossi come Nicholas e Fotsis (Panathinaikos), Bourousis (Olympiacos), semi-grossi (Cook da Valencia e Hairston da Siena), aspiranti-grossi (Radosevic dal Cibona Zagabria) come rinforzi estivi. Poi, visto che c’era il lock-out, pure Gallinari, non previsto dallo spartito (con lui in campo 6 vinte e 2 perse in campionato, 15 nella vittoria contro Siena 63-56 che ha interrotto una serie di 21-0 dei toscani negli scontri diretti).

Tutto questo per arrivare a oggi. Campionato: 12 vinte, 8 perse. Eurolega: 5 vinte, 9 perse tra regular season e Top 16 (l’eliminazione è ormai dietro l’angolo a meno di miracoli). Se i soli numeri dovessero decidere del destino di un allenatore Scariolo non avrebbe scampo, ed è troppo intelligente ed esperto per non saperlo.

A specifica domanda del giornalista de La Repubblica (Massimo Pisa, che segue l’Olimpia da anni) aveva respinto con un sorriso spietatamente ironico (e pure un po’ beffardo) l’ipotesi delle dimissioni, dopo la sconfitta a Varese di qualche settimana fa. Domanda che non è stata posta dopo la débacle interna contro Sassari (senza Travis Diener). Se prendiamo in esame i risultati del 2012 al momento abbiamo: 3 vinte e 5 perse in campionato, 1 vinta e 3 perse in Eurolega.

Diciamolo pure, un bilancio drammatico. Anche perché in campionato le sconfitte sono arrivate a Teramo (oggi 6-12), in casa contro Treviso (8-11), a Biella (9-10), a Varese (10-10) e quindi (dopo due discrete prestazioni e buone vittorie contro Pesaro e Bologna, dirette rivali ormai) il -10 in casa contro Sassari (12-8), dopo la quale ha detto di “essere stufo di prendersi responsabilità non sue” (Ma allora di chi?). Da tre partite (quattro, comprendendo quella al Forum contro Kazan in Eurolega) c’è J.R. Bremer: l’uomo di personalità tanto invocato (visto che allenatore e presidente hanno espresso il parere che gli altri giocatori non ne avessero, o comunque non abbastanza. Chissà come facevano Nicholas e Fotsis da Obradovic, senza personalità). Prima di lui era arrivato Alessandro Gentile, che in personalità abbonda pure lui. Pure troppa, visti gli uno contro tutti giocati da questi due ragazzi contro Sassari.

Ma quello che manca a questa squadra, vista da fuori, è un gioco. Un’idea. Una rotazione definita. Chiarezza nei ruoli. La capacità di leggere le partite. La capacità di sfruttare le qualità individuali (e particolari) dei singoli giocatori invece di metterli in croce per ciò che non sanno fare (non è credibile “scoprire” che Cook non ha tiro, Bourousis fa fatica difensivamente sui pick and roll, che Nicholas non sia un giocatore che fa la differenza dal palleggio e altro ancora, vista la caratura, l’età e l’esposizione avuta da questi giocatori nelle ultime stagioni).

Praticamente manca a questa squadra quello che le mancava, a giudizio della critica (e anche mio), quando in panchina c’era Piero Bucchi, che pure aveva ambizioni (e atleti) di livello inferiore. Ora, se ci fosse stato “Pierino”, sarebbe durato fino a oggi? La risposta probabilmente è sì, visto che la società milanese ha difeso il precedente allenatore a lungo. Bene fa, se crede in Scariolo, a difendere anche lui.

Ma di questa situazione, di questa apatia e di questo non gioco (perché, dai, il basket dovrebbe essere prima di tutto divertente e al Forum chi si diverte?) qualcuno dovrà pur essere responsabile. L’allenatore? I giocatori? I dirigenti? Il presidente? Insomma, ragazzi, qual è il problema? A mio parere attorno a questa squadra gira troppo poco entusiasmo e troppa voglia di dimostrare serietà. Cosa che se si traduce in musi lunghi fa solo del male.

Si può (anzi, si deve) essere seri e col sorriso sulle labbra. La pallacanestro può essere elevata a scienza purché non si chieda a tutti di viverla come tale. E soprattutto quando questa scienza, al momento, è ben lontana dall’apparire esatta. I giocatori, per definizione, giocano lavorando. Anzi, lavorano giocando.

Però questa squadra esprime poco sentimento, poca passione, poco divertimento. E se non ti diverti è impossibile giocare bene, divertire anche il pubblico, vincere le partite (se non in maniera occasionale). Ma perché questa squadra non si diverte (e non da ieri sera. O l’ha nascosto molto bene)? Questa è, davvero, la cosa che non capisco.

Pietro