Qualche nota sulla regular season @Euroleague @OlimpiaEA7Mi #ifeeldevotion

VEDI ANCHE: il calendario delle Top 16

– Milano, per la prima volta nella storia di Euroleague Basketball, è l’unica formazione italiana qualificatasi nelle Top 16. Il suo record di 5-5 lo considero da 6 in pagella. In casa ha fatto quelllo che doveva, 1-4 in trasferta con questo panorama non bene. A Kaunas e Strasburgo poteva e doveva vincere. No alla logica sparagnina. Siena ha interrotto una striscia di 6 apparizioni consecutive alle Top 16. In due occasioni era stata anche l’unica formazione italiana a rappresentare la nostra pallacanestro a quello stadio della competizione (stagione 2009-10 e 2012-13).

Keith Langford ha chiuso la regular season al 9° posto per valutazione media (18.2). Il suo futuro compagno di squadra Daniel Hackett 3° con 19.4. Langford è anche 4° per punti segnati (16.2).

– Sempre Keith Langford è il miglior assistman della squadra con 3.1: l’EA7 Emporio Armani è però al 21° posto su 24 (13.5) e al 15° su 16 tra le qualificate al secondo turno (peggio solo il Partizan, 24° assoluto, con 11.8).

– A livello di ratio assist/palle perse, Milano è ancora al 20° posto (106.3%, concede agli avversari il 125%), mentre è al 14° tra le squadre di Top 16 (peggio Kaunas, 23° con 87.3%, e Partizan, 24° con 72.4%). La media generale è 123.4%.

– L’attacco vende i biglietti e la difesa vince le partite. Il Real Madrid attacca e difende, visto che in percentuale “reale” concede agli avversari il 41.6%. Milano concede il 49.1%: nessuno fa “meglio” tra le qualificate alle Top 16.

– Milano deve migliorare in furbizia e scelte di tiro: è al 4° posto per stoppate subite in media (con 3.5), il dato peggiore tra le qualificate alle Top 16.

– In attacco, una chiave per l’EA7 può essere quella di diminuire il numero di tiri da fuori e migliorare il dato ai tiri liberi, che è già buono: 8° posto per tentativi in media, con 17.8. Migliorabilissima la percentuale (10° posto con 74.7%). Il 30.3% da fuori è destinato probabilmente a migliorare con Kristjan Kangur in campo con continuità, ma dipende tutto dal ritmo con cui si muove la palla. Big issue.

– Curtis Jerrells (31), Alessandro Gentile (35), David Moss (37) e Keith Langford (54) hanno preso il 68.8% dei tiri da tre della squadra, con una percentuale realizzativa del 31.8%. Cambiare.

– Palle perse: su 127 totali, 48 portano la firma di Alessandro Gentile e Keith Langford (37.7%).

– Miglioramenti attesi da Gentile: selezione di tiro, più tiri liberi (ha subito 3.6 falli a partita) e maggiore percentuale (troppo poco 68.8% per lui).

– Milano è al 20° posto su 24 per percentuale “reale” con 45.1%. Anche qui è al 15° su 16 tra le qualificate alle Top 16 (Galatasaray 23° con 43%).

Nicolò Melli è il miglior rimbalzista della squadra con 6.2 (16° assoluto e 26° su 40 minuti).

– Motivi per venire al Forum a vedere le Top 16: Zelimir Obradovic e il suo Fenerbahçe Ulker Istanbul (con Bo McCalebb, Emir Preldzic, Bojan Bogdanovic), i bi-campioni in carica dell’Olympiacos Pireo di Vassilis Spanoulis, il Panathinaikos Atene di Dimitris Diamantidis, il Barcellona di Juan Carlos Navarro e di uno che mi fa impazzire (Kostas Papanikolaou), il Laboral Kutxa Vitoria perché che ve lo dico a fa’, l’Anadolu Efes Istanbul perché ormai sono amici, l’Unicaja Malaja dell’interessante coach Joan Plaza che porta in dote il figlio di Sabonis.

– Milano ha affrontato nel proprio girone di regular season il Real Madrid, una delle due formazioni a vincere tutte e 10 le partite. L’altra, l’Olympiacos, arriva tra poche settimane. Trattasi delle ultime due finaliste, non un caso.

– Avremo il piacere di rivedere al Mediolanum Forum di Assago gli ex milanesi Sergio Scariolo (allenatore Laboral Kutxa Vitoria) e i giocatori Antonis Fotsis e Jonas Maciulis (entrambi al Panathinaikos Atene). Con Scariolo ci sarà anche Walter Hodge, playmaker americano trattato da Milano nella passata stagione, ma non ceduto dai polacchi dello Zielona Gora.

Pietro

Talking About Practice

Nella passata stagione ho chiesto, invano, di poter vedere qualche allenamento dell’Olimpia Milano. Non perché mi interessasse fare la spia, né perché non avessi altro da fare o (magari) anche voglia di fare altro.

La risposta è sempre stata no, per team policy e soprattutto scelta (legittima, ma che non ho condiviso) dell’allenatore Sergio Scariolo. A Milano qualche mese fa è arrivato Luca Banchi, che ha certamente un approccio meno sofisticato a livello di gestione del rapporto umano, e ha riaperto le porte durante le sacre sedute di lavoro della sua squadra.

Vado anche io all’allenamento ogni volta che posso, e questo perché è semplicemente bello per uno che fa il “giornalista di basket”, e che di base è un appassionato di basket. Perché mi ha riavvicinato al gioco, lo stesso che ho amato fin da piccolo andando (anche) agli allenamenti della squadra di Porto Empedocle (B2, allora), poi a Parigi, dove ho avuto la possibilità di vedere quotidianamente in palestra giocatori di livello assoluto (JR Reid, Richard Dacoury, Stéphane Risacher, Laurent Sciarra, Zarko Paspalj, Jure Zdovc, Eric Struelens e altri ancora) ed eccellenti allenatori, il migliore tra i quali rispondeva al nome di Bozidar Maljkovic.

Si imparano cose, per esempio a “leggere” le situazioni che poi si riproporranno durante la partita. Se anche non riesci ad acchiappare proprio tutto, almeno ti fai un’idea di quelli che sono gli orientamenti, l’idea di base, o (per chiamarla col nome più “giornalistico”) della filosofia di gioco.

Poi però c’è soprattutto il rumore della palla, osservare facce, reazioni, gesti, sorrisi, scazzi, momenti di stress particolare e di relax, la gestione di questi momenti con i carichi di lavoro in allenamento, la complicità che si instaura tra determinati elementi, quei piccoli cenni che diventano rituali con allenatori, ragazzi dello staff e giocatori che poi si traducono in familiarità, che non significa confidenza.

È un modo, insomma, di recuperare un certo rapporto umano che mi è mancato, e che probabilmente manca all’interno della nostra pallacanestro. Una piacevole riscoperta, che di sicuro restituisce un po’ di senso al lavoro che si fa nel seguire una squadra per una stagione intera. Ci si sente meno estranei, meno soloni, anche meno scemi a provare a immaginarsi delle cose per poter fare delle analisi evidentemente superficiali.

Tutto questo non rappresenta una novità per quei colleghi o semplici curiosi che sono abituati a frequentare gli allenamenti delle “loro” rispettive squadre. Lo è a Milano, e per questo ringrazio Luca Banchi che mi ha permesso di riscoprire quel lato meno distaccato e cinico che in molti altri momenti delle mie giornate è l’assoluto protagonista. Quelle due ore in palestra e mezza, per me, sono anche un modo di concentrarmi su ciò che amo davvero e lasciare fuori tutte quelle cose che nel corso del tempo si sono intromesse tra me e la passione genuina che mi ha condotto fino a qui.

E dunque, grazie.

Pietro

Accetto la “sconfitta”. Siena, complimenti

Non ero molto fiducioso che Milano riaprisse la finale scudetto di basket in gara-5 a Siena.

Avevo pronosticato una vittoria dell’EA7 in questa finale scudetto, con un 4-2. A posteriori un pronostico assurdo, ma mi ero lasciato convincere da una squadra non perfetta ma composta da numerosi giocatori forti, un allenatore esperto, reduce da tantissime vittorie consecutive (in mezzo un unico k.o. a Pesaro) e, sì confesso, mi ero lasciato convincere che la carta d’identità di molti giocatori di Siena avrebbe avuto un peso specifico maggiore rispetto alla loro qualità. Ho sbagliato, sono sportivo e riconosco i meriti di chi “mi” ha battuto.

Siena, dunque. Non ho molto da dire sul basket mostrato dalla Montepaschi Siena in questa stagione o in questa serie: certamente questa è stata la stagione con meno continuità e forse anche con meno qualità rispetto alle cinque precedenti, ma ha dimostrato di essere comunque al di sopra degli altri. Cantù non ce l’ha fatta anche perché ha perso troppi pezzi, Milano perché – questa è una mia teoria – forse dovrebbe iniziare a dire quello che pensa davvero: questa società vuole (giustamente) vincere appena possibile, vuole (giustamente) avere un peso politico maggiore, vuole (giustamente) prendere il posto di chi c’è stato finora.

Invece ci ha detto sempre e “solo” che l’importante è crescere, che agisce per il solo senso di responsabilità nei confronti della pallacanestro italiana, mentre il terzo punto sarebbe una conseguenza dei primi due. Vabbè. Io penso che Milano volesse vincere dal primo giorno, ma ha sbagliato le modalità (con riferimento al triennio precedente). Penso che volesse vincere anche dal primo giorno di questa stagione, che identifico con la presentazione ufficiale di Sergio Scariolo. Altrimenti non avrebbe messo su una squadra pescando uomini importanti dai migliori club europei. Mi è sembrato, insomma, di vedere eccessivo leziosismo. Come quelli che non pronunciano la parola scudetto, come se fosse brutto – nello sport – dichiarare di voler vincere.

Lasciamo chi ha perso e andiamo da chi ha vinto. Siena è più forte, e in una serie così lunga non si vince per gli arbitri o per la politica (frase rubata da una recente conversazione), almeno questo è il mio pensiero. Non si vincono sei scudetti consecutivi per esclusivi demeriti altrui. Non si vincono sei scudetti consecutivi se non si ha dentro qualcosa di importante. Non ho sempre condiviso l’atteggiamento di Siena, che purtroppo per lei non è mai stata la squadra di tutti gli italiani ma “solo” la squadra della sua città, vivendo qualsiasi cosa fosse all’esterno come un elemento avverso, da sconfiggere.

Ho sincera stima per chi ha costruito questa società, per chi l’ha gestita, per chi ha allenato questa squadra e ci ha lavorato intorno. Mi spiace che nel corso di queste ultime stagioni si sia (come insieme) dialogato poco con questa realtà. Sono scelte: Siena s’è goduta per sé la Mens Sana, e la Mens Sana si è goduta Siena. In fondo, questo estremo senso di appartenenza è stata la forza principale di questo club.

Non ne ho sempre condiviso nemmeno le scelte tecniche, ma chi sono io per parlare di fronte a quest’orgia di titoli e alle eccellenti partecipazioni all’Eurolega (con due Final Four conquistate in questo arco di stagioni)? A sentire le parole di Stonerook e Pianigiani, ho avuto la netta sensazione che sancissero l’ufficialità della fine di questa “belle époque” biancoverde. Vedere l’abbraccio tra il capitano e l’allenatore mi ha emozionato. Perché se sei appassionato di sport e questa scena non ti commuove allora non voglio sapere di che sport tu stia parlando.

Quello che meglio riassume questi sei anni, forse, ce lo ha detto Nikos Zisis, favoloso giocatore che dovrebbe aver giocato la sua ultima partita a Siena: “Parlare è facile, fare è difficile“. Siena ha fatto. Tanto. E quindi si merita, se non un applauso o un abbraccio, almeno una stretta di mano dai tifosi più astiosi.

Pietro

Qualche curiosità sul confronto Siena-Milano per #imieiplayoff

In attesa della serie finale dei playoff del campionato italiano di basket (QUI il calendario) tra i detentori della Montepaschi Siena, campioni d’Italia dal 2007 a oggi, e l’EA7 Emporio Armani Milano, vi propongo qualche curiosità statistica.

– Prima delle due trasferte a Pesaro (in cui ha segnato 77 e 73 punti), Milano aveva realizzato 87.6 punti di media nelle 10 gare precedenti (tutte vinte, all’interno della striscia di 13).

– Siena, tra regular season e playoff, ha tentato almeno 20 triple in 21 gare, Milano in 27. In 3 circostanze Milano ha tirato almeno 30 volte da fuori, Siena nessuna.

– Dalla 2a giornata di ritorno (cioé dopo la serie di 4 sconfitte consecutive) il record di Milano è 18-4, quello di Siena 17-5.

– Siena è riuscita a stare 7 volte sotto le 10 palle perse (media 13.1), Milano una sola (8 a Casale Monferrato, media 16.5).

– Siena ha tirato da 3 con almeno il 40% in 22 partite, Milano in 14.

Nelle ultime 6 partite Milano ha tirato i tiri liberi con l’82.5% a fronte di una media stagionale del 74.4%. Nello stesso arco di gare Siena ha tirato con il 76.6% dalla lunetta, ma subito prima aveva confezionato uno straordinario 31/32 in gara-1 contro Varese.

– Nei due confronti di regular season, Milano ha tirato lo stesso numero di volte da due (36) e da tre (24).

– Sempre in queste due sfide, Shaun Stonerook non ha segnato nessun punto in un totale di 57 minuti giocati, chiudendo con 0/5 da tre.

– In questa stagione Siena è andata per 4 volte oltre quota 100 punti (senza bisogno di supplementari), Milano mai.

– Il playmaker di Milano Omar Cook ha realizzato almeno una tripla in 20 delle ultime 21 partite (manca solo gara-1 dei playoff contro Venezia): tra queste, per 6 volte ha chiuso con tre triple a segno, una con quattro, una con cinque.

Pietro

Basket: a quando la scissione?

Dopo la famosa “aria rancida” di cui ha parlato Sergio Scariolo ai microfoni di Radio24, dopo le dichiarazioni del suo presidente (quello di Milano, per chi non seguisse) Livio Proli al Corriere della Sera, che hanno indotto il procuratore federale Alabiso a convocare entrambi il 26 maggio, è arrivato anche il presidente di Casale Monferrato (e de “Il Sole 24 ore Spa”) Giancarlo Cerutti su Repubblica.it.

In queste ultime due interviste vi sono due dichiarazioni di particolare rilevanza, per me: una di Proli e l’altra di Cerutti.

Il primo, alla domanda di Roberto De Ponti sulle proposte (mancate) dell’Olimpia Milano in Legabasket ha risposto così: “In un mondo cosi apatico non ho mai espresso una mezza idea, perche sarebbe annegata nella palude. Anzi, avrebbero detto: qual è il suo vero fine? Io poi non capisco di basket…”. Niente male.

Il secondo dice a Stefano Valenti: “I problemi delle società vanno affrontati in maniera più professionale e strutturata. Nell’interesse stesso del movimento del basket è fondamentale che tutti accettino regole chiare e precise. Che poi ci sarebbero pure. Va inquadrato ancora meglio il sistema dei controlli, economici e finanziari. Se non è incombenza della Lega, allora che la Lega se ne faccia promotrice verso la Federazione affinché le regole siano severe e rispettate. Ed i controlli effettuati in tempi rapidi. E la Lega li supervisioni nell’interesse dei suoi soci. Quel documento è stato condiviso da Cantù, Varese, Treviso, Cremona e Venezia”.

Ora, quando la FIBA propose la SuproLeague generò una reazione furiosa dei top team europei, che si scatenarono e crearono una nuova Eurolega, con una governance del tutto diversa (con un uomo forte al comando, Jordi Bertomeu). Non si può dire che il prodotto non piaccia, anche se soffre del fatto di dover accogliere per forza tante realtà diverse, con problemi, situazioni fiscali, di eleggibilità dei giocatori del tutto differenti tra loro in partenza. Difficile omologare tutto questo, ma l’Eurolega ULEB ha ormai concluso la sua dodicesima edizione, e l’aspetto più positivo è probabilmente la ricerca continua del proprio perfezionamento: dalle norme amministrative, alla gestione dei calendari, alle variazioni del format.

Dunque, se questo sistema italiano che fa capo alla Legabasket è veramente “un mondo apatico”, “una palude”, e fa dire a Ceruttti “se le nostre aziende fossero gestite allo stesso modo, non oso immaginare“, perché i migliori imprenditori, i più importanti personaggi coinvolti nel basket italiano non decidono di uscire, di creare un movimento alternativo, di imporre loro delle regole nuove, certe, sicure, con l’obiettivo (vero, stavolta) dello sviluppo di questo sport?

Io, personalmente, mi sono disamorato del basket italiano non da oggi: non è nemmeno corretto scoprire nel 2012 che ci sono società che non pagano, quando da anni (e anni, e anni) ormai abbiamo notizia di situazioni di gravi criticità, e tanti club ci hanno lasciato le penne (il che vuol dire anche che ci sono giocatori, allenatori e agenti che hanno perso dei soldi, e persone che hanno perso il lavoro). Non riesco per questo ad appassionarmi a “#imieiplayoff”, perché non basta un hashtag su Twitter per dimenticarsi che questo sport non interessa ai media, e di conseguenza non interessa a nessuno (il caso La7 è lì a dimostrarlo). Ok, non a nessuno: diciamo a pochissima gente su scala nazionale, tolte le “appartenenze” locali per mere questioni di tifo.

Io dico: Proli (Armani, cioé), Cerutti, ma anche quei club che secondo il patròn di Casale condividono il suo punto di vista, invece di andare alle assemblee di Lega dove club che a momenti non hanno occhi per piangere deliberano l’allungamento dei quarti e delle semifinali al meglio delle sette partite, aprite un nuovo ufficio, una nuova Lega, diventate dei nuovi interlocutori. Che succederebbe? Vi accuserebbero di essere disfattisti? Tanto meglio. Se una cosa non funziona, non va bene, se non c’è crisi ma agonia (sempre citando Cerutti), molto ma molto meglio disfarla. O no?

Pietro