40 anni di Poz, e la sua ultima partita (di @MicheleGazzetti)

Michele Gazzetti, giornalista di Sportitalia e soprattutto amante della pizza al taglio del Woodstock, mi ha riproposto il pezzo che scrisse la sera dell’ultima partita giocata da Gianmarco Pozzecco, ad Avellino con la sua Capo d’Orlando. Ve lo ripropongo qui, insieme al video del Poz che racconta in prima persona il suo addio al basket alla trasmissione “Sotto Canestro”, su La7.

Pietro

La fantasia nel basket è morta al minuto 36’14” di gara 3 tra Avellino e Capo d’Orlando. Meo Sacchetti, coach dei siciliani, chiama il cambio e se per Fabi è solo un ingresso in campo, per Pozzecco è la fine di una carriera, il passo d’addio del talento più anarchico ed esteticamente trascinante del basket italiano. Gianmarco si toglie la canotta blu svelando una maglietta artigianale che è una sorta di testamento cestistico scritto con il pennarello nero su tessuto bianco. Tra le scapole non ci sono le otto lettere del suo cognome ma solo la scritta Chicco, dedicata al suo ex compagno e amico Ravaglia scomparso in un incidente stradale nel 1999.

E poi una serie infinita di ringraziamenti: “Grazie per avermi sopportato. Grazie di tutto. Grazie Enzo“. La dedica per il presidente che l’ha voluto e coccolato e che non era presente al palazzetto perché agli arresti domiciliari.

Il basket si sente già orfano del personaggio più picaresco e istrionico che abbia mai calcato i parquet italiani, uno di quelli che o si odia o si ama alla follia. Come testimoniano d’altra parte le sue parole a caldo, intriso in un oceano di lacrime e sudore: “Voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno cercato di capire in questi 30 anni, forse nessuno ci è riuscito. Chiedo scusa se ho sbagliato, l’ho fatto solo perchè avevo un amore spasmodico per questo sport“.

Per i profani della palla arancione, è come se si fosse ritirato il Roberto Baggio del basket. Due personaggi diametralmente opposti ma uniti da un grandissimo feeling con la poesia applicata allo sport.

Pozzecco, triestino classe 1972, aveva iniziato a predicare basket in serie A nella stagione 90/91 con la Rex Udine. Da lì una sfolgorante carriera con due perle indimenticabili: nel 1999 lo scudetto vinto con la “sua” Varese e nel 2004 la medaglia d’argento leadereggiando l’Italia alle Olimpiadi. Nel 2002, proprio contro Avellino, il record di punti in serie A, 42. Dopo l’esperienza in Russia, questa sua ultima stagione trionfale in cui è stato osannato in tutti i palazzetti italiani, anche da chi l’aveva insultato per anni.

Finisce la favola della Mosca Atomica, l’uomo che più di ogni altro ha saputo essere uno spot vivente per la pallacanestro. Uno dei pochi per cui vale la pena domandarsi che basket sarebbe stato senza lui in campo. Ci mancherai tantissimo Poz.

Domenica a Pesaro il No-Star Game?

Domenica, a Pesaro, si gioca l’All-Star Game del basket italiano: in campo azzurri e migliori (o presunti tali) giocatori d’importazione.

Non ci sarà Alessandro Gentile, sostituito da Achille Polonara. Non ci saranno Andrea Cinciarini, playmaker della Bennet Cantù che ha sfiorato i playoff di Eurolega, né Luigi Datome dell’Acea Roma. Tutti e tre infortunati.

Non ci sarà nemmeno quello che oggi, probabilmente, è la miglior point guard in Europa, vale a dire Bo McCalebb. Ha dato forfait, e sarà sostituito da un altro senese, David Moss. Un’altra cosa.

Il georgiano della Canadian Solar Bologna Viktor Sanikidze, unico uomo del campionato con almeno 10 punti e 10 rimbalzi di media a partita e decisamente in grado di produrre giocate spettacolari, non è stato nemmeno convocato.

Il meccanismo di voto ha premiato un quintetto straniero di soli pesaresi e avellinesi. Si gioca a Pesaro, ok, avranno votato in tanti. Da Avellino, lo so anche per esperienze passate, i tifosi sono decisamente partecipi durante i sondaggi.

Ma tutti gli altri dove sono? A me questo sembra uno spunto di riflessione. Quanta gente conosce i giocatori al di fuori dei tifosi più accaniti? Possibile che Sanikidze e McCalebb non siano stati votati nel quintetto iniziale? Vuol dire che i loro sostenitori sono pochi o (nella migliore delle ipotesi) distratti. In ogni caso, male. Questo fatto, secondo me, la dice lunga sulla popolarità di questo sport (anzi, di questo campionato) che pare interessi sempre meno alle persone (di certo La7 non l’ha spostato su La7d per autolesionismo).

Un altro problema che mi sentirei di segnalare: dei 14 giocatori della Nazionale inizialmente convocati da Simone Pianigiani per questo All-Star Game, solo 3 segnano almeno 10 punti a partita (Hackett 11.3, Poeta 11.0, Mancinelli 10.0). Alessandro Gentile poco sotto (9.5), ma va fatto un discorso a parte: segnava 12.8 punti di media a Treviso giocando 27.6 minuti, da quando è a Milano ne gioca 19.8 segnando 6.8 punti a partita.

Ad ogni modo abbiamo pochi giocatori che fanno canestro. Questo mi pare il problema più grosso di tutti. Prima dei dati Auditel, prima dei visti, prima degli arbitri, prima di ogni altra cosa bisogna guardare quanti giocatori sono in grado di fare la differenza ad alto livello. E quanti sono in grado di fare canestro. Pare banale, ma non ne abbiamo così tanti.

Bisogna intervenire qui, e subito. E non mettendo paletti ai professionisti, ma investendo di più e meglio nei settori giovanili. Servono palestre, sale pesi, foresterie, serve la volontà di fare quello invece di prendere uno o due giocatori in più. E creiamo un campionato ad hoc. Come il campionato Espoirs francese, come il Sub-20 spagnolo. Che i migliori giochino tra i migliori, altrimenti non crescono. Chi lo fa trae benefici (anche) da questo. Copiare le cose buone non è peccato.

Pietro

Le grasse e amare cifre di Marques Green

La Sidigas Scandone Avellino, per i non avvezzi, è una formazione che milita nel campionato di Serie A di basket. Una squadra con pochi(ssimi) mezzi economici, reduce da diverse stagioni di difficoltà da questo punto di vista, ottenendo qualche tempo fa un inaspettato e prestigioso traguardo sportivo (la vittoria in Coppa Italia nel 2008 e la qualificazione alla Eurolega), e attualmente tra le migliori interpretazioni possibili del concetto di “andare oltre i propri limiti”. Da pochi giorni ha perso un altro pezzo, l’italo-belga Dimitri Lauwers, da troppo tempo girano voci circa l’instabilità economica della società.

Bene, in questo contesto, non certo facile, l’allenatore veneto Frank Vitucci fa miracoli con pochissimo materiale umano a disposizione. A dargli una mano cospicua ci pensa il playmaker Marques Green, 165 cm (ufficiali) di bontà.

Consideriamo alcune cose: all’inizio della stagione la squadra perde i due lunghi titolari. Il polacco Szewczyk se ne va a Venezia, lo statunitense Troutman gioca (e perde) la prima partita in casa di Montegranaro e poi fugge via, a Monaco di Baviera. I due vengono sostituiti con lo sloveno Jurica Golemac e lo statunitense Ronald Slay, due elementi di esperienza ma di qualità inferiore (soprattutto considerata la continuità di rendimento), oltre che di diverse caratteristiche. La squadra, di fatto, deve tutto ciò che ha (a oggi 12 vittorie in 22 partite, ottavo posto e quindi zona playoff) al suo playmaker (nell’ultima partita degli 11 uomini a referto quattro non hanno giocato e uno è andato in campo solo 3 minuti).

La situazione si è fatta più pesante nelle ultime settimane, quando il “cambio” di Green, Valerio Spinelli, si è infortunato (solo 6 minuti in campo dall’11 dicembre a oggi).

E allora ecco che il rendimento di Green, a dispetto del debito di statura e dell’inevitabile fatica, si è regolato di conseguenza. Cioè così:

Delle ultime 12 partite ne ha giocate per intero 7, in due è stato in campo 39′ su 40′ e in un’altra – considerato il supplementare – ben 44′ su 45′ (in totale 470 minuti giocati su 485).

19.2 punti di media (15.7 stagionali) con una sola gara senza raggiungere la doppia cifra (6 contro Teramo con 2/6 al tiro).

5.0 rimbalzi di media (contro 4.5 in campionato. 60 in totale, cioé il 60% del fatturato stagionale).

6.8 assist di media (contro 6.4) e 2.9 palle recuperate (2.5).

Addirittura salgono anche le percentuali al tiro, nonostante la fatica: tira meglio da due (44.8% contro il 41.5% stagionale), e da tre punti (44.3% contro 40.7%), meno bene nei tiri liberi (81.8% contro 83.3). Sale anche il dato sulle palle perse (4.4 contro 3.6), e qui la stanchezza c’entra più di qualcosa.

Sale, però, anche la valutazione complessiva (indice che tiene conto delle voci statistiche positive e negative) che fa segnare un 21.7 di media contro il 17.8 stagionale.

Occhio anche al dato più significativo: di queste ultime 12 partite Avellino ne ha vinte 7, perdendo a Milano (per un punto), Varese, Bologna, Sassari e in casa contro Cantù. Tutte squadre che oggi sono davanti alla Sidigas in classifica, anche se di poco.

Occasioni perse per la griglia dei playoff? No, logica. Avellino non può fare più di così, nelle sue condizioni ha fatto anche troppo. Voi, alla luce di queste cifre, trovereste il coraggio di chiedere a Green di fare più di così?

Vi chiederete il perché del titolo, perché queste cifre sono sia grasse che amare. Perché con una squadra migliore, magari, ogni vittoria non sarebbe un miracolo né per Green, né per Avellino: sarebbe solo una tappa per coltivare ambizioni. Così, invece, è solo lotta estrema per la sopravvivenza.

Pietro

Faccio contento Beppe Nigro

E così ecco i pronostici per la Coppa Italia di basket (fatti alle ore sedici e trendadue minuti di giovedì sedici febbraio duemiladocici):

Siena, Milano.
Venezia, Cantù.
Siena, Venezia.
Siena.

Ciao,

Pietro

(Le partite le trasmettono su La7d e La7.it. Tutte tranne la seconda semifinale e la finale, che vanno su La7)