Comunicato dei giocatori e dello staff della Teramo Basket

Lo ricevo al mio indirizzo professionale (quello della Rivista Ufficiale NBA), lo pubblico volentieri qui. Vergognandomi un pò, come amante del basket, Perché queste cose accadono nella più assoluta indifferenza da parte di quelli che ci spiegano che “il nostro sport è vivo e in salute”. Si vede. Talmente in salute che scoppia.

Abbiamo onorato la maglia che portiamo addosso per tutta la stagione raggiungendo una salvezza conquistata sul campo in mezzo a mille difficoltà.

Rispetteremo i colori biancorossi fino alla fine di questo campionato,ma denunciamo con amarezza la mancanza di rispetto per il nostro lavoro e per la nostra professionalità.

Abbiamo aspettato invano risposte sul nostro futuro e non riceviamo quanto ci è dovuto da troppo tempo.

Crediamo che sia giunto il momento di rendere pubblico il nostro disagio di lavoratori non retribuiti,che non hanno però mai fatto mancare il proprio impegno sul campo come testimoniato dai risultati sportivi che tutti ci riconoscono.

E’ con profonda tristezza che scriviamo queste righe,nella speranza che i nostri sforzi di atleti e di uomini non vengano vanificati da chi dovrebbe garantire la prosecuzione del sogno sportivo dei veri tifosi della pallacanestro a Teramo.

Il capitano Gianluca Lulli e i giocatori e lo staff della Teramo Basket

Riflessioni su una domenica “sportiva” (di Matteo Mantica)

Il blog torna in attività e lo fa ospitando alcune opinioni di Matteo Mantica, che ha scritto con me e con Francesco Repice il libro “Inter, quella notte” (Libreria dello Sport).

Una domenica un po’ particolare per chi segue lo sport quella datata 22 aprile 2012. Guardando la televisione comodamente seduto da casa mia, ho passato in rassegna un po’ tutto quello che di sport andava in onda. Dal calcio italiano, a quello inglese, dal basket alla pallavolo. E due cose in particolare mi hanno colpito e lasciato perplesso. Due cose completamente diverse ma che ugualmente mi hanno lasciato sorpreso, stranito e un po’ deluso.

Partiamo dalla seconda, quella accaduta durante la finale del campionato italiano di pallavolo in diretta dal Forum di Assago su RaiSport1. Spettacolo straordinario, pure per uno come me che non ama certo la pallavolo, in particolare quella maschile. Partita divertente, pienone di pubblico sugli spalti, grande entusiasmo, telecronaca, a mio giudizio, competente e divertente. Scudetto alla fine alla Lube Macerata che vince 22-20 al tie break dopo aver recuperato due set di svantaggio contro la squadra, l’Itas Trentino, che ha dominato in lungo e in largo l’intera stagione di volley. Una favola meravigliosa.

Poi però, mentre impazza la festa sul taraflex del Forum, RaiSport manda in onda il replay del punto che ha assegnato la vittoria ai marchigiani e cosa ne vien fuori? Che la palla chiamata out dagli arbitri era in realtà abbondantemente dentro il rettangolo di gioco. Lungi da me qualunque tipo di polemica contro gli arbitri che ritengo possano e debbano avere il diritto di sbagliare, ma rimango sorpreso e deluso per il fatto che uno sport come la pallavolo cada nel medesimo errore del grande mostro calcio: non esiste tecnologia a supporto dagli arbitri. Se il calcio ne fa una scelta filosofica, a mio modo di vedere assolutamente non condivisibile per mille aspetti, mi stupisco di come uno sport come il volley cada nel medesimo errore. Perché di errore è giusto parlare.

Non so in tutta onestà, perché non mi ci sono messo, stabilire su quali casi l’instant replay possa essere applicato nella pallavolo, ma certamente uno sport moderno e con uno sguardo sul presente e sul futuro, non può e non deve esimersi dall’aiuto che la tecnologia può offrire. Nel basket, il mio sport, se ne fa già uso da anni, come sapete, e francamente non ricordo situazioni in cui l’instant replay non abbia dato responsi che hanno effettivamente messo d’accordo tutte le parti in causa.

Non ultima, anzi prima, il famoso tiro di Ruben Douglas del 2005 che ha deciso lo Scudetto e che, visto attraverso l’ausilio dell’instant replay, è stato stabilito fosse partito in tempo utile. Vedete per caso qualche analogia con quanto successo, peraltro sullo stesso campo, domenica scorsa ad Assago? È evidente che la scelta di non fare uso della tecnologia è stata presa da chi comanda nella pallavolo, e mi piacerebbe capire, se qualcuno sa sono qui pronto ad ascoltare, i motivi per i quali questa scelta è stata intrapresa.

La seconda cosa che mi ha lasciato di stucco, è accaduta qualche ora prima ma si è poi sviluppata nella giornata di lunedì e temo, purtroppo, andrà avanti anche nei prossimi giorni. Parlo di quanto successo a Marassi durante il secondo tempo di Genoa-Siena di Serie A di calcio, quando alcuni idioti hanno raggiunto una zona delle tribune dello stadio che ha permesso loro di far sospendere per 40’ circa la partita di calcio tra lanci di fumogeni e minacce, almeno da quel che è passato a noi telespettatori da divano, più o meno velate ai calciatori.

Niente banalità, niente condanne di quanto accaduto, quello è un mestiere che lascio ad altri, gli altri le cui reazioni sono proprio il motivo scatenante della mia delusione. Tutti, più o meno, abbiamo visto le immagini di quanto accaduto, i giocatori che si sono tolti le maglie, Sculli che ha abbracciato uno di questi tifosi sussurrandogli all’orecchio chissà cosa per far desistere questo manipolo di individui dal loro comportamento.

Tutti ci siamo fatti un’idea su cosa sia accaduto, su chi può avere avuto più o meno responsabilità su quanto accaduto e su quello che si potrebbe fare o meno per evitare situazioni del genere. Io ho le mie idee, ma non vi tedio con questo. Piuttosto sposto l’attenzione su quanto accaduto nella giornata di lunedì.

La sera, tornato dal lavoro, mi collego su SkySport24 e vedo i contributi raccolti dai giornalisti in giro per l’Italia con i vari politici dello sport che vogliono, e devono, dire la loro su quello che è successo a Genova. Mano mano che sento i vari Abete, Petrucci, e, piange il cuore dirlo perché per questo ragazzo per quel che appare ho grande stima, Damiano Tommasi e mi pare sempre più evidente che l’attenzione si sta spostando su qualcos’altro, sul cercare una nuova straordinaria colpa con i suoi annessi e connessi colpevoli: aver tolto la maglia!!!!!

Tutti, chi prima chi dopo aver condannato i delinquenti, hanno evidenziato il sacrilegio di aver accettato di togliersi la maglia da gioco. Petrucci ci ha raccontato questo: “La maglia è il simbolo intangibile di una squadra e non può essere nè offesa nè vilipesa o, tantomeno, oggetto di trattative. Aver chiesto e acconsentito di far togliere le maglie ai giocatori del Genoa rappresenta un sacrilegio sportivo di cui i colpevoli dovranno rispondere in ogni sede”.

Tommasi, e ribadisco il mio personale stupore, ha detto che lui non avrebbe mai tolto la maglia cedendo a quei delinquenti: a Tommasi mi piacerebbe ricordare che lui era in quella Roma che ha deciso, dopo uno splendido colloquio Totti-tifosi in mezzo al campo all’inizio del secondo tempo, di sospendere la partita per la morte di un bambino mai avvenuta… Abete si è aggiunto al coro, con qualche altra perla che tutti avrete sentito o letto.

Il mio personale sconcerto ha decisamente preso il sopravvento. Effettivamente non avevo pensato che i veri delinquenti erano proprio i calciatori che avevano accettato, probabilmente minacciati, di togliersi le maglie della loro squadra, alcuni addirittura scoppiando in lacrime come Giandomenico Mesto, davanti a tanta vergogna. “Io non l’avrei mai tolta”, “è stato un gesto vergognoso cedere alle richieste di questi delinquenti”.

Io spero, ma è uno sperare davvero eufemistico, che qualcuno di questi signori, risentendosi o rileggendosi, si accorga di essere andato un po’, ma giusto un po’, fuori tema, parlando delle maglie dei giocatori che sembravano, ieri sera, essere diventati i veri colpevoli, pure codardi, nello scempio di domenica a Genova.

Meno male che poi, sempre su SkySport24, mi è capitato di sentire le parole di un giornalista del Corriere della Sera, Roberto Perrone, che ha fatto presente che forse il problema stava da qualche altra parte rispetto alle maglie o addirittura, come aveva paventato qualche altro genio, nel fatto che lo stadio di Genova si prestasse a situazioni di questo genere: nell’ignoranza, nella non educazione, nella mancanza di leggi, nonostante le varie genialate come la tessera del tifoso (che ha solo aumentato i problemi, salvo poi fare una sorta di malcelata retromarcia) o i tornelli negli stadi che tanto chi non deve entrare non lo si ferma comunque… Lo sport in Italia ha dei seri problemi per tanti motivi e purtroppo vedo con grande difficoltà come il futuro possa diventare più roseo nei prossimi anni.

La soluzione che ha trovato chi comanda nello sport, e che invece di trovare soluzioni vere con l’appoggio dello stato su come arrivare a che le cose di Genova non si ripetano più sulla falsariga di quanto fatto dagli inglesi ormai 20 e dico 20 anni fa se ne esce con frasi poco pertinenti, è stata: facciamo le Olimpiadi a Roma nel 2020. Io amo lo sport e vivo grazie allo sport, ma in tutta franchezza ringrazio Mario Monti per avergli sbattuto la porta in faccia.

Mayweather vs. Cotto. “PPV King vs. Superwelterweight Champion”

Interessanti, come sempre, i confronti proposti dalla pay-per-view americana HBO per promuovere i grandi eventi della boxe.

Il 5 Maggio (anzi, il “Cinco de Mayo“) l’imbattuto Floyd Mayweather Jr. (42-0, 26 k.o.) affronterà Miguel Cotto (37-2, 30 k.o.) con in palio la cintura Wbo dei pesi superwelter. Curioso, perché il match avrà luogo a Las Vegas (MGM Grand) dove “Pretty Boy Floyd” vive e nella stessa arena in cui ha combattuto le ultime cinque volte.

Curioso soprattutto perché si tratta del suo secondo incontro di sempre in questa categoria di peso. L’altro? Sempre un “Cinco de Mayo”, nel 2007. Affrontò il leggendario Oscar De La Hoya, oggi organizzatore di successo con la “Golden Boy Promotions”, e vinse per split decision, cioé ai punti con decisione non unanime.

Il cartellino di Chuck Giampa (116-112 per Oscar) andrebbe battuto all’asta: rimane l’unico giudizio sfavorevole per Mayweather in tutta la carriera. Come forse saprete, Mayweather andrà in carcere a giugno, in seguito a una condanna per tre mesi (violenza domestica).

Curioso davvero come si possa vivere da “Money” (l’altro suo soprannome) sapendo di dover andare dentro, anche se per un periodo relativamente breve, e pensare a un avversario difficilissimo come Cotto.

Lo considero imbattuto“, dice Mayweather, “perché ha perso contro Pacquiao in un match con il peso concordato voluto da Manny e contro Margarito che ha imbrogliato“. Il rispetto che emerge dalle parole dell’attuale campione Wbc dei welter nei confronti di Cotto è totale, tanto che ha deciso di affrontare l’incontro al limite delle 154 libbre (peso ideale per il portoricano) perché non ci siano scuse o polemiche successive.

Tornando alla HBO, prodotti come questo sono utili, utilissimi a far conoscere i personaggi (e le persone) dietro ai singoli eventi. Utili a generare interesse. A chi starò parlando? Ai soliti tre o quattro, già lo so. Pazienza.

Comunque sia guardatelo il confronto (qui sotto), e se vi riesce guardatevi anche il match. Tra un rigore per il Barça e un ennesimo scoop su Balotelli.

Pietro

Dieci pensieri sintetici su Barcellona-Milan

Premesso che il mio livello di lucidità era questo: credevo che la partita fosse di mercoledì, ero proprio in “trance” agonistica.

01. Dissento, totalmente, da tutti quelli che oggi parlano di Ibrahimovic e della sua “occasione persa”. Non è che abbia avuto cinque palle gol tirando sempre in curva. O no?

02. Dissento, totalmente, da chi pensa che il Milan sia uscito per colpa dell’arbitro. Il primo rigore era evidente, sul secondo si può discutere. Dice Gianluca Vialli: “In Italia non li fischiano mai ma è un nostro problema, in Europa li danno“. Poi…

03. …60-40% di possesso palla, 21 tiri a 3. De che stamo a parlà?

04. Vedere Nocerino segnare al Camp Nou è una cosa bellissima soprattutto per lui, coronamento ideale di una stagione impressionante e francamente inattesa.

05. Pato: seriamente, ma se la scorsa settimana nessuno aveva idea di come curarlo, come può aver recuperato davvero per giocare a Barcellona dopo un’andata e ritorno dagli USA? Mistero vero.

06. Messi: ha segnato due rigori tirandoli molto bene, crea scompiglio ogni volta che ha la palla, s’è mangiato un gol clamoroso per lui, ogni tanto si piace troppo ma che gli vuoi dire? Siamo a 58 gol stagionali in 49 partite. Whaaaaaat?

07. Guardiola: il limite delle squadre che giocano (meravigliosamente) in un modo solo può essere quello di leggere poco le situazioni. Lui l’ha fatto, partendo con la difesa a tre, schierando esterni larghissimi e cercando costantemente di aprire il campo, memore di ciò che era accaduto all’andata. Poi si è rimesso a 4 dietro una volta rasserenatosi. Bravo.

08. Allegri: mi sembrache abbia fatto il massimo con ciò che ha. Quindi nulla da dire. La stima per l’allenatore è tanta, perché è uno che ha sempre difeso le sue scelte, giuste o sbagliate. Non ha nulla da rimproverarsi, ha perso contro avversari più forti, period.

09. Barcellona: quanti gol in più segnerebbe se ogni tanto tirasse? Sono serio. La sua ossessione nel cercare di entrare in porta con la palla è diventata stucchevole.

10. Milan: la sfida al Barça è stata dipinta come quella tra Davide e Golia. Solo che se è vero che i blaugrana sono Golia, il Milan non può essere Davide. O allora se lo è la squadra campione d’Italia in carica (e prima in classifica) siamo messi male. Ma male, male, male.

Pietro