Basta, non se ne può più. L’America è stanca. L’America ha bisogno di nuovi eroi. L’America vuole un nuovo campione. Non che non ce ne siano, nella boxe come in tante altre discipline, ma manca “quello vero”, il dominatore, il pezzo grosso. Il peso massimo, insomma.
L’America vuole un nuovo “heavyweight champion of the world” capace di riempire le arene, dare alle persone un motivo di spendere decine di dollari per il pay-per-view, smetterla di pensare ai tempi che furono, stroncare il dominio di Wladimir e Vitali Klitschko, dallo stile talmente noioso che la HBO non vuole nemmeno più trasmettere i loro incontri negli States.
“Tutti vogliono i campioni americani nei pesi massimi: se i Klitschko fossero americani, tutti sarebbero pazzi di loro”. Parola di Seth Mitchell: e chi è, direte voi? Seth è un pugile, peso massimo, compirà 30 anni il prossimo 29 maggio. Tra poco più di un mese, il 28 aprile, affronterà Chazz Whiterspoon (30-2 il record, 22 k.o.) in quello che sarà certamente il test più attendibile di una carriera iniziata quattro anni fa.
Mitchell non aveva tra i suoi sogni quello di diventare il nuovo Joe Louis. La boxe gli è capitata per caso. Giocava a football, e anche molto bene, come linebacker per la squadra della Michigan State University. Uno dotato, uno bravo, tanto che al suo ultimo anno di liceo (Gwinn Park High School a Brandywine, MD) era stato scelto come “Defensive Player of the Year” dalla Associated Press per lo stato del Maryland. Uno che, però, ha visto la sua carriera finire sul nascere dopo varie operazioni al ginocchio sinistro. Ma il football, in un certo senso, lo ha portato sul ring.
Dopo aver chiuso la sua esperienza universitaria con in tasca una laurea in “Criminal Justice”, Mitchell se ne stava a casa sua la sera del 10 giugno del 2006, a guardare la televisione. C’era la boxe. Ma soprattutto c’era il debutto da professionista di Tom Zbikowski. E chi è, ridirete voi?
“Tommy Z” aveva incrociato Mitchell sui campi di football, quando portava i colori di Notre Dame nel campionato NCAA. Ha firmato da poco per gli Indianapolis Colts nella NFL (gioca nel ruolo di defensive back), dopo aver giocato per i Baltimore Ravens. Quel 10 giugno, però, Zbikowski salì sul ring contro Robert Bell: vinse al primo round per k.o. tecnico.
“Vederlo combattere mi ha rimesso in circolo la voglia di competizione: se c’era riuscito lui, potevo farcela anche io”, pensò Mitchell. Da notare che quello fu l’unico incontro di Zbikowski fino all’anno scorso, quando a causa del lockout della NFL è tornato sul ring per alimentare la sua voglia di sport: altre tre vittorie, due delle quali prima del limite, combattendo tra i pesi massimi-leggeri.
Il primo di Seth allenatore è stato Andre Hunter, stupito dalla facilità con cui riusciva a stendere dei professionisti in allenamento. Mitchell ha portato sul ring i colori degli Spartans di Michigan State (bianco e verde), e pure il suo vecchio numero sui calzoncini (il 48).
La sua crescita come pugile è impressionante: negli ultimi nove incontri ha vinto sempre prima del limite, boxando per un totale di venti round (solo una volta si è andati oltre il terzo), mandando al tappeto un avversario dopo l’altro. L’ultimo è stato Timur Ibragimov (30-4-1), elemento dal record rispettabile anche se non si può dire che appartenga al gotha del pugilato. Non è durato nemmeno due round. Il record complessivo degli ultimi nove avversari schienati da Mitchell, al momento di salire sul ring con lui, era di 169 vittorie, 65 sconfitte e 12 pari. Pochi, dunque, gli avversari davvero comodi, record alla mano. Il suo, di record, parla di 24 vittorie e 1 pari, con 18 successi prima del limite.
Mitchell sembra essere, oggi, l’unica vera speranza nel panorama dei pesi massimi statunitensi, dopo che negli ultimi cinque anni si sono avvicinati ai fratelli Klitschko Chris Byrd, Calvin Brock, Ray Austin, Lamon Brewster, Tony Thompson, Hasim Rahman, Eddie Chambers, Chris Arreola, Kevin Johnson e Shannon Briggs, tutti respinti con perdite.
Rahman, tra l’altro, è stato l’ultimo statunitense ad avere alla vita una cintura tra le più prestigiose (Wbc), mentre Briggs vinse in maniera rocambolesca la cintura Wbo nel 2006 contro Sergei Liakhovich, all’ultimo secondo di un match che stava perdendo ai punti su tutti e tre i cartellini, per poi perderlo subito in una resa incondizionata contro Sultan Ibragimov. Nessuno di quei nomi, comunque, poteva rappresentare una seria minaccia per gli ucraini.
“Per affrontare i Klitschko servono sia la velocità che la potenza: io le ho entrambe”, assicura però Mitchell, che dovendo boxare invece che placcare ha dovuto anche modificare il suo regime di allenamento. “Ho dovuto allungare i miei muscoli rispetto al corpo che avevo già preparato per il football”, ha spiegato. Comincia presto, con la sveglia alle 4:30 per la corsa mattutina.
“Quando ho iniziato a boxare l’ho fatto pensando di poter avere successo in questo sport, e quando lo lascerò spero di stare in salute, di avere una buona sicurezza economica e di essere stato il miglior pugile possibile”. Se il “migliore possibile” significherà “new heavyweight champion of the world”, però, ancora non lo sappiamo.
Pietro
(Ringrazio i riferimenti forniti da Boxrec.com per i virgolettati. Fonti: mlive.com, msuspartans.com, AFP)