Ero appena andato a casa di un amico, e suo padre aveva la televisione accesa.
Ricordo alcuni particolari: il canale sintonizzato (Canale 5), la grafica del TG5 con la foto di Giovanni Falcone e sotto la scritta “UCCISO”.
Quando poco tempo dopo hanno ucciso Paolo Borsellino e la sua scorta, ero al mare.
Un altro amico. Una domanda scema: “Sì, ma come lo hanno ammazzato?“. Aveva importanza?
Sì, ne aveva, almeno per me.
Due bombe così, così vicine, mi hanno messo addosso un’angoscia e una tristezza dalle quali non mi sono mai liberato.
Non credo che accadrà mai, e non credo di essere l’unico a sentire tutto questo.
Il ragionamento stupido, da ragazzino, era semplice: per sparare con la pistola, o col mitra, prendi la mira. Una bomba è per tutti. Pure per me, o per chiunque altro.
Una bomba significa che non si fanno prigionieri, che nessuno è innocente, che non esistono persone che non appartengano a una guerra che non finisce mai.
Per questo quelle bombe hanno ferito anche me, e credo milioni di persone.
La cosa più triste è pensare che quelle incredibili esplosioni avrebbero almeno dovuto insegnare il valore dell’educazione, della pacatezza, del rispetto, anche del silenzio.
Non è andata così.
Pietro