PER DISCUTERE: Riflessioni, dopo la sirena, sul perché #siamoquesti

Nel periodo delle vittorie, durante la prima fase di Eurobasket per intenderci, è tornato di moda il refrain che vuole i nostri giocatori come poveri agnellini indifesi sacrificati per far giocare americani scarsi (o serbi, croati, sloveni, estoni, passaportati, fate voi).

Questo non è del tutto vero, anzi. Nel caso della Nazionale è assolutamente falso.

Il minutaggio complessivo belle gare giocate in Serie A (regular season+playoff) e NBA (regular season) dai giocatori della Nazionale. La media è 24.5.

– Aradori 26.1
– Gentile 23.5
– Rosselli 21.5
– Vitali 28.0
– Poeta 26.2
– Melli 17.6
– Belinelli 25.8
– Diener 33.9
– Cusin 14.6
– Datome 33.2
– Magro 10.9
– Cinciarini 32.8

I playmaker (Cinciarini 32.8, Diener 33.9, Poeta 26.2) sono quelli che mediamente hanno giocato di più. Vitali è un giocatore atipico, si può considerare playmaker: 28.0 minuti di media a Cremona.

Tra gli esterni, Gentile ha giocato 23.5 di media superando molti infortuni in una squadra dove aveva la concorrenza di Keith Langford e Malik Hairston. Aradori è stato un giocatore determinante per Cantù, con i suoi 26.1 minuti. Rosselli (21.5) ha dato un contributo di sostanza a Venezia, ma ovviamente non è un giocatore che ha nel suo passato l’altissimo livello, tantomeno europeo. E Belinelli ha giocato 25.8 minuti a partita nella NBA in una squadra da playoff.

I lunghi, in questa Nazionale, erano i giocatori numericamente più scarsi e quelli col minutaggio più ridotto. Melli era il cambio di Antonis Fotsis a Milano (17.6 minuti), anche se spesso veniva impiegato insieme al greco. Cusin ha chiuso con soli 14.6 minuti, ma è partito ininterrottamente in quintetto per le prime 18 giornate di Serie A. Poi ha avuto un calo. Magro, con i suoi 10.9 minuti, era il cambio del centro a Venezia, squadra non certo di vertice, e a questo livello è difficile da collocare.

Poi, non va dimenticato, ci sono gli assenti (media 24.7): Hackett (25.7), Gigli (27.2), Polonara (20.5), Mancinelli (14.0) e i due NBA Bargnani (28.7), Gallinari (32.5).

Giocare sotto ai 25 minuti di media non è un delitto. Nell’ultimo campionato solamente 26 giocatori hanno avuto una media di almeno 30 minuti in campo. Tra loro ci sono Travis Diener (2° con 33.9), Gigi Datome (5° con 33.1), Andrea Cinciarini (8° con 32.8), il fratello Daniele Cinciarini (9° con 32.3). Poi solo stranieri.

Questi numeri vogliono dire che è vero l’esatto contrario della tesi iniziale, e cioè che non è vero che gli italiani sono snobbati? No, non per forza. Ma vuol dire che quelli che possono giocare, giocano. Il problema si pone in precedenza. Per acquisire esperienza, per essere competitivi, devono giocare prima.

L’esempio di Datome è emblematico. Siena lo ha avuto per diverse stagioni, ma non ha mai giocato. Era giovane, vero, ma il talento lo si vedeva. Tecnico e atletico. E Siena era già una squadra molto forte, che poteva permettersi di dargli dei minuti, e non l’ha fatto.

Non è un’accusa a Siena, è una constatazione. I giocatori italiani giovani giocano poco, e questo perché molto spesso sono gli stessi allenatori a non ritenerli pronti. Spesso, peraltro, non lo sono davvero. Ma se non iniziano a giocare non lo saranno mai.

Milano ha due giocatori in Nazionale, di 21 e 22 anni. Bene. Gentile e Melli hanno storie diverse, avranno futuri diversi, e hanno avuto gestioni diverse. Comunque sia è importante (non solo per Milano) che questi ragazzi giochino partite importanti, che giochino l’Eurolega. Cantù ha fatto assaggiare l’Eurolega a Cinciarini nel 2011-12, a Cusin nell’ultima stagione, mentre Aradori l’aveva già fatto a Siena. Assaggiato solo, perché Pietro in Toscana non giocava molto, peraltro nella squadra del c.t. azzurro.

Quindi si pone un altro problema. Sull’esperienza l’abbiamo capito. Ma ci si mette in testa che questi ragazzi devono lavorare molto di più in tenera età soprattutto a livello fisico? A volte il confronto con altre nazionali giovanili di paesi con meno storia cestistica è impietoso. E anche a livello tecnico. Devono saper palleggiare, devono fare canestro quando tirano da liberi, devono avere almeno un movimento spalle a canestro, parlando solo di attacco. Sembrano cose scontate, non lo sono.

L’altro problema, allora, è proprio la qualità. I nostri giocatori hanno mercato all’estero? Sì? No? Questa per me è una domanda importante. Se sì, perché non ci vanno? In Italia molti club hanno problemi, fanno appelli, mancano i soldi, e si dice che gli stranieri sono favoriti. E allora perché restare? Per la maglia? Per un posto? Se invece non sono ricercati, perché? Non sono ritenuti di livello? Chiedono troppo?

Ad ogni modo, abbiamo diversi buoni giocatori che però hanno espresso (insieme alle loro qualità) molti limiti, in un contesto europeo. Limiti noti, limiti che hanno fatto dire a Pianigiani “Questi siamo” o #siamoquesti, come da hashtag.

Non sono 6 vittorie e 5 sconfitte che mi fanno cambiare opinione. Il basket italiano vive molti problemi. Mancano strutture dove allenarsi, soprattutto. Nei club professionistici (ma anche quelli “dilettantistici”, per modo di dire) dovrebbe essere la norma avere strutture adeguate a quello che OGGI significa competere nello sport professionistico. Sarà anche bella la retorica delle società-famiglia, delle nozze coi fichi secchi, e cose del genere.

La realtà è che bisogna adeguarsi a un mondo che è cambiato, e bisogna farlo in fretta. Le sconfitte in serie nella fase decisiva degli Europei hanno dimostrato, a mio avviso, che i giocatori italiani ci mettono quello che hanno. Ma quello che hanno non basta per sopperire alle tante, troppe problematiche che abbiamo.

Poi, 6 vittorie e 5 sconfitte non bastano per dimenticare cos’era la Nazionale al Torneo Acropolis ad agosto, non bastano per far dire al presidente Petrucci che il basket italiano tira e sta benone. Non è così, detto col dovuto rispetto.

Alessandro Gentile, classe 1992, in una intervista mi ha detto: “Il basket italiano si sta avviando verso la sua fine”. Ripeto, classe 1992. La vede dal campo, con meno fronzoli, non sempre sono d’accordo con lui ma ne rispetto l’essere schietto. E se la vede così un ragazzo destinato a vivere una grande carriera, che gioca in uno dei club più affidabili al mondo a livello economico, io mi farei venire almeno il dubbio che possa aver detto una cosa importante.

Pietro

Sulla Nazionale di basket (Servirebbero troppe righe sui giornali)

Senza Bargnani viene a mancare quello che sarebbe stato il principale terminale offensivo della squadra, l’uomo che con la sua mano d’oro avrebbe potuto garantire punti e soprattutto attenzioni particolari dalle difese altrui, in grado di liberare spazio per i compagni. Sotto canestro restano Marco Cusin, Angelo Gigli, Nicolò Melli e Stefano Mancinelli con Datome pronto ad agire da “4 tattico” (come peraltro si può considerare lo stesso Mancinelli).

Poco, troppo poco ad altissimo livello in termini soprattutto di quella densità fisica necessaria per limitare i colossi alla Maciej Lampe e Marcin Gortat (per ricordare solo gli ultimi avversari, i polacchi, che potevano contare anche su un prospetto di valore come Karnowski da centro).

E oltre alle mancanze difensive mancano giocatori con mani forti per ricevere dopo aver preso posizione profonda spalle a canestro, per generare così aiuti difensivi, scarichi comodi per i tiratori, e costringere gli avversari a spendere tanti falli.

Senza questa opzione, l’essenza del gioco offensivo è legata mani e piedi alla creatività degli esterni. Diener, certo, ma anche il neo-Spurs Marco Belinelli, Alessandro Gentile e Pietro Aradori. Realizzatori che andrebbero innescati nelle loro posizioni di campo preferite, cioé a media distanza, e che invece soffrono della mancanza di una circolazione fluida, di lunghi in grado di portare blocchi duri per loro e che vedono gli spazi a disposizione diminuire in maniera esponenziale quando le percentuali nel tiro da fuori calano.

Insomma, i problemi tecnici sono tanti. O, per dirla alla Pianigiani, questi siamo.

My #Springsteen experience [sorry for my English, Bruce]

I wish I were an English native to write this piece properly.

I work as a sports writer, love basketball, boxing is my hobby. And Bruce Springsteen is there, whatever I do.

As a writer, I found in his songs the best stories I could ever dream to write by myself.

As a basketball fan, I found the essence of what a franchise player should act on and off the court.

As a boxing novice, anytime I step in the ring, or jumping the rope, I remember that “stay hard, stay hungry, stay alive if you can” line from “This Hard Land”, arguably my favorite song for several reasons. It reminds me a lot of my hometown in Sicily, where there are too much of seeds that nobody know what happened to. That transformed one of the most beautiful places of this world in a very “hard land” to live, to believe, to fight for.

I would love to be good the half as Bruce is in telling and sharing stories that can represent anyone everywhere in the world. Just a few, simple pics of common daylife that everybody has to deal with, no matter how rich, how good you are. We’re just fighting the same fight: be good men, good brothers, good parents, no matter where and when our journey starts.

We just think about doing good what WE can control on a daily basis. It’s about making our part in our own history. It’s about not giving anybody else the chance to decide our final destination.

As a basketball player, Springsteen should be a perfect point guard: it’s all about making the right decision, calling the right play, making sure that everybody in your team feels comfortable with his role and making the crowd believe that you are in control. Bruce does it everytime and everywhere he goes, and for those who remember the amazing performance he made in Florence [We should remember it as the”Who Can Stop the Rain” night, my “brothers” Gianmaria and Massimo were there] you know that he will never give up until his job is done. And his job is actually to make people feel good, feel better, feel proud of what they are.

I don’t know if he would agree with my interpretation of what the Bruce Springsteen nights mean to me. But I do think that there’s not only one Springsteen for everybody. He just found a common language to talk about our stories, that are very different and very similar at the same time. That’s why everybody has his/her songs, concerts, performances and memories.

Today I feel blessed because I actually found the way to share my Springsteen feelings in Milan with my favorite friends and the girl I love. Then I made it in Paris with my brother, in his very first Bruce Springsteen concert appearence.

Today, I just feel proud and happy. That’s the sense of being here, I guess. See you in Rome, everybody.

Waiting 4 London: My 1st Euroleague TV season review

My feelings (and “awards”) about my work on Euroleague Basketball Magazine (you can find it on Youtube, also check Euroleague.tv).

Things I’ve seen, people I’ve met, thoughts I’ve had.

Enjoy!

Best game attended: Olympiacos Piraeus-Anadolu Efes Istanbul (Playoffs, Game-5)

Not only because of the atmosphere at Peace and Friendship Stadium. Not only because the game was the most important of the season for both teams. It was, in fact, a great basketball game. Anadolu Efes put up a great showing for 25 minutes, then Olympiacos came back strong to finally win it. It was a shame to see Jordan Farmar sitting on the bench because of an injury, missing the last quarter. The game missed some fashion and great quality without him (and, of course, the Turkish side missed his talent).

Honorable Mention: BC Khimki-Olympiacos Piraeus

Khimki has been one of my favorite teams throughout the season. I watched a lot of their games during 2011-12 Eurocup victorious campaign as a commentator with Eurosport Italy, and I was curious to see them in Euroleague. I was not disappointed with the quality of their game, which was brilliant in terms of team identity, chemistry, execution and ability to read the game. They brought all those things to the table when the defending champions Olympiacos visited them in Top 16. And the Greek team answered with a marvelous second half, using their pick and roll play with intelligence and adapting their defense to stop bleeding in the paint, overcoming a 13 points game to force Khimki to their first home defeat in three years in the European cups. Just marvelous.

Best trip: Moscow, Russia

It was my first time in Russia. And it was a great way to celebrate that watching two top level Euroleague games (CSKA-Panathinaikos & Khimki-Olympiacos). I didn’t had time for sightseeing, just a little walk in the Red Square and a couple of coffees. However, it was great to sit down with 16 great players (4 for each team) and get a inside look on their team’s life (especially those that were traveling), spending almost a week there.

Best Interview: Vassilis Spanoulis (Olympiacos Piraeus)

When I sat down with him (we were in Russia at Olympiacos’ hotel, during a Top 16 trip) I felt that Vassilis really understands who he is. A big time player and an important personality for his club and the sports we all love in his country. He was concrete, lucid and pleasant to listen. In fact, I had the same feeling when I spoke with him a few minutes after the regular season victory in Milan (where the home fans rewarded him with a standing ovation) and also in other post game interviews (after the game in Khimki and after Game-5 against Anadolu Efes). He knows that talking to the media is a part of his work and he does it with style. It’s a true pleasure, as a journalist.

Best post game interview: Heiko Schaffartzik (Alba Berlin) after the game vs. Brose Baskets Bamberg

Quote: “We never got down in any way and when we received a punch we gave them two back in their face. And that is what made the difference today”.

My All-Interview 1st Team

Vassilis Spanoulis (Olympiacos Piraeus)

Quote about his work behind-the-scene to get ready for each game: “It is mental preparation, self-criticism, watching lots of videos of yourself because when you watch videos you face the truth, because if you don’t see it you could say that a moment in a game was not your mistake but someone else’s mistake. But when you see the video you see what is real. Of course you need character to pass difficult situations because in the end who is more mentally strong will take the titles”.

Roko Ukic (Panathinaikos Athens)

Quote about playing with Panathinaikos: “It is better to be the host than the guest in that gym [OAKA] and the fans give us support and they support us even when we lose. All that feeling is great even when you see all the flags up on the roof and you feel you are part of something important and that really makes you feel special”.

Kelvin Rivers (BC Khimki Moscow Region)

Quote about his role with Khimki: “To be honest with you I have completely no idea what my role is. I just fit in where I can you know. Whatever is needed whether it is to go and play defense or at times just try to take over when it is needed. I do what I know I can do and I do not do anything I am capable of doing”.

Andy Panko (Unicaja Malaga)

Quote about his Panathinaikos’ stint: “I always wanted to play in Spain, even in the summer, I told my agent that my priority was to play in Spain but when Panathinaikos came, I mean I got to be stupid to pass that up so it was a great opportunity for me to play for one of the best teams in the history of basketball”.

Ioannis Bourousis (EA7 Emporio Armani Milan)

Quote about his life in Italy: “Of course I like my Greek philosophy but Italian life is a lot easier. It is more relaxed. You know Italy. ‘Vai tranquillo!’ [in Italian], you know Italia!”

Coach: Rimas Kurtinaitis (BC Khimki Moscow Region)

Quote about the clutch-time decisions: “I don’t want to tell that those decisions are right, but they’re happy. I don’t know how to explain that, it’s just a feeling coming from inside. I do a lot of things just by feeling, as a former player. if you ask me why I made a substitution or why I call a play, sometimes I have no answer. I just feel we must do what I feel”.

My All-Interview 2nd Team

Marko Popovic (Zalgiris Kaunas)

Quote about his father playing basketball: “I remember him [his father] playing very well because my mum took me to my first game when I was three months old and since I walked into the gym at that time I have never left it. Basketball is basically in my blood”.

Earl Calloway (Unicaja Malaga)

Quote about his life in Malaga: “It’s very relaxing. Everything shuts down from two to five and they just go and enjoy life so that is pretty interesting. There is no stopping in America. A thirty-minute break and you are good to go”.

Rimantas Kaukenas (Zalgiris Kaunas)

Quote about a funny anecdote when he played in Israel: “A few times when I played in Israel there were some funny things because some people thought I was Dolph Lundgren! If I walked outside in the mall in Tel Aviv, people sometimes came to me asking ‘Are you Dolph Lundgren?’ [smiles]”.

CJ Wallace (FC Barcelona Regal)

Quote about a funny moment during a waiting in the airport when he was playing in Capo d’Orlando, Italy: “We had to keep ourselves entertained, we were a small team in Italy, you know we couldn’t buy fancy iPads and stuff like that so we played hide and seek and it wasn’t a very big airport so there weren’t a lot of places to hide and there was a store kind of near the base…and while the guy was counting I went in there and put on a helmet and had a bag and just kind of stood in the window for a little while. The lady that was working in the store was very nice, she let me get away with it but no-one found me for like 15 or 20 minutes and I won!”.

Kresimir Loncar (BC Khimki) 

Quote about playing in Russia: “I have been here for a long time and I can speak Russian but it is not easy for a European player to come to Russia. I think that the players who come here in the first year can see that this is an unbelievable city. It is cold but it is cold in other European cities as well. If you want nice weather then you go for the summer to Ibiza”.

Pietro

Milano città dello sport. O anche no

Il Milan si presenta con una delle peggiori squadre degli ultimi vent’anni, ma spacciando di aver “scelto” la politica dei giovani.

L’Inter di Stramaccioni rimarrà nella storia per essere stata la prima squadra italiana a vincere nel nuovo stadio della Juventus. E di questo si accontenta, perché il resto non si guarda (o non si vede, come Sneijder).

L’EA7 Emporio Armani Milano vanta una serie di cinque vittorie esterne in campionato (contro le ultime, Siena a parte) ma anche di cinque sconfitte di fila in casa (contro le migliori, Siena a parte, ma non solo).

Probabilmente si tratta di una delle peggiori stagioni di sempre nel rapporto tra prestazioni (più che risultati) e attenzioni mediatiche ricevute (anche la mia).

Roba che ci si ritrova a provare nostalgia per il gol di Contra nel derby, le stecche da fuori di Wim Jonk o il collo taurino di Josh Sankes: quando ci si divertiva con poco.

Sport “minori”, a voi: è la vostra grande occasione.

Pietro

La meteora J.D.

L’inglese Mark Deeks, che gestisce il sito ShamSports.com, ha buttato giù una lista di giocatori che potrebbero prossimamente essere l’oggetto di un “call-up”: quelli, cioè, che stanno facendo molto bene nella D-League e potrebbero essere chiamati da qualche franchigia NBA.

Tra i nomi proposti ce n’è uno che riguarda da vicino l’EA7 Emporio Armani Milano: trattasi di Justin Dentmon, apparso sul finire della scorsa stagione quando si infortunò J.R. Bremer.

Lo si vide in campo soltanto nella serie di playoff contro Venezia: segnò 11 punti in 20 minuti (con 3 assist, 2 rimbalzi e 3 perse) in gara-1, per poi mettere insieme altri 2 punti, 1 assist e 2 rimbalzi in 17 minuti complessivi nelle successive due partite.

Arrivò in condizioni fisiche non ottimali, ma in tanti si domandarono cosa sapesse fare questo ragazzo.

Ecco la spiegazione, o almeno quella di Deeks, che ha inserito Dentmon tra le point guard più interessanti.

Justin Dentmon – 19.7 ppg, 4.0 apg, 5.0 rpg: Uno che non si vergogna a fare canestro, Dentmon è il miglior marcatore della squadra con il secondo miglior attacco della D-League [gli Austin Toros, ndr]. Anche lui ha avuto qualche possibilità nella NBA in diverse occasioni [Toronto per 4 partite e San Antonio per 2, ndr], grazie alla qualità del suo tiro (43.2% da fuori in carriera nella D-League) e alla sua capacità di crearselo. Tuttavia, per poter avere una possibilità di essere qualcosa di più di un giocatore marginale nella Lega, deve avere la stessa fortuna di un Eddie House [l’annosa questione del trovarsi al posto giusto nel momento giusto, ndr].

Pietro

Queste dichiarazioni mi piacciono un sacco @Angelicobiella

L’Angelico Biella gioca nel campionato di Serie A di basket, è penultima in classifica con 6 punti in 12 giornate, è reduce da due ripassate prese da Cantù e – soprattutto – Brindisi.

Queste sono le parole di Marco Atripaldi, general manager della società, sull’allenatore Massimo Cancellieri, che è una persona garbata e seria.

“Capitolo allenatore: Cancellieri è un bravo allenatore, con la fiducia della Società e dello spogliatoio: chiunque venisse al suo posto chiederebbe di cambiare tre giocatori; proviamo invece a cambiare la squadra insieme a lui perchè se lo merita visto che ha a cuore questo Club, visto che lavora come un matto e visto che in tre anni non ha mai chiesto un giocatore in più, nemmeno l’anno scorso, quando raggiungere i playoff sarebbe stato magari utile per la sua carriera e in questa stagione ha accettato di allenare un gruppo pieno di scommesse e sta tuttora provando a farlo funzionare nonostante le evidenti difficoltà. Perchè credo che sia una questione di serietà e questa è una Società seria. In ogni caso Cancellieri non è mai stato messo in discussione. Né da me, né dal Presidente”.

Le ho riproposte perchè, credo, contengono diversi messaggi positivi. Da imitare.

Augurando a Biella, ad Atripaldi e a Cancellieri, di fare i passi avanti che gli serviranno per continuare a giocare nel massimo campionato.

Pietro

Superficiali constatazioni statistiche sugli All-Star italiani @allstargameita

Questi sono i convocati (Nome, squadra, punti a partita, minuti a partita)

Riccardo Cervi (Trenkwalder Reggio Emilia) 2.9 e 11.9

Massimo Chessa (Tezenis Verona) – LEGADUE

David Cournooh (Biancoblu Bologna) – LEGADUE

Lorenzo D’Ercole (Acea Roma) 7.0 e 20.6

Andrea De Nicolao (Cimberio Varese) 5.0 e 15.4

Alessandro Gentile (EA7 Milano) 4.5 e 15.6

Matteo Imbrò (Saie3 Bologna) 3.5 e 16.5

Daniele Magro (Umana Venezia) 2.6 e 5.1

Valerio Mazzola (Sutor Montegranaro) 4.8 e 20.2

Nicolò Melli (EA7 Milano) 4.6 e 14.8

Riccardo Moraschini (Saie3 Bologna) 4.4 e 12.7

Achille Polonara (Cimberio Varese) 10.3 e 22.7

Il totale dei punti segnati a partita dai giocatori selezionati e militanti in Serie A è 49.6 (media 4.96), con un minutaggio medio di 15.5.

Questi, invece, i top scorer italiani del massimo campionato (Sì, lo so, non è solo dai punti segnati che si misura un giocatore. Ma qui parliamo di All-Star Game, non di raffinate soluzioni tattiche per vincere l’Eurolega).

1. Gigi Datome (Acea Roma) 18.5 (Farà la gara del tiro da tre. Ma non la partita)

2. Daniele Cinciarini (Sutor Montegranaro) 15.0

3. Daniele Cavaliero (Scavolini Banca Marche Pesaro) 12.5

4. Andrea Cinciarini (Trenkwalder Reggio Emilia) 12.1

5. Giuseppe Poeta (SAIE3 Bologna) 11.7

6. Achille Polonara (Cimberio Varese) 10.3 (unico tra i convocati)

7. Massimo Bulleri (Umana Venezia) 10.1
7. Andrea Crosariol (Scavolini Banca Marche Pesaro) 10.1

9. Pietro Aradori (Chebolletta Cantù) 10.0

10. Luca Vitali (Vanoli Cremona) 9.4
10. Angelo Gigli (SAIE3 Bologna) 9.4

Massimo rispetto per tutti. Ma l’All-Star Game non dovrebbe essere un’occasione per monitorare i giovani, semmai quella di mettere in mostra per una sera il meglio che c’è a disposizione, tanto per divertirsi un pò.

Così, per me, è meglio non farlo. Piuttosto organizzate un’amichevole ufficiale con la nazionale “vera”.

Pietro

Off Topic, #primarie: due giovani del PD mi spiegano perché stanno con Bersani e Renzi

I giovani in questione sono amici miei. Elisabetta fa politica a Solaro, Andrea a Roma. Con loro condivido alcune cose importanti: con lei un amico vero (cioé mio fratello), con lui un amore vero (cioé la pallacanestro). Con entrambi l’interesse per la politica e tutto ciò che ne consegue. Fanno entrambi parte del Partito Democratico fin dall’inizio, oggi sono divisi dal sostegno a Pier Luigi Bersani (lei) e Matteo Renzi (lui). Ho voluto farmi spiegare le loro idee, le loro motivazioni e le loro scelte. Cosa cambierà, visto che oggi si vota il ballottaggio? Nulla. Ma ero curioso. Come leggerete, i miei amici hanno idee molto diverse. E per questo interessanti, perché loro alla politica credono davvero, mettendoci il cuore. Buona lettura. Se volete chiedere a loro ulteriori chiarimenti, li trovate entrambi su Facebook e su Twitter (Elisabetta @fedoray, Andrea @Andrea_Alemanni). Anche i candidati, @pbersani e @matteorenzi, li trovate lì.

Pietro

Prima di tutto, presentatevi e spiegate quello che fate e – soprattutto – perché.

Elisabetta Pandolfo, 27 anni, lavoratrice, consigliera comunale PD, democratica che vota Bersani perché alle elezioni nazionali voglio che il centrosinistra vinca e governi l’Italia.

Andrea Alemanni, 31 anni. Vice Presidente del Consiglio del III Municipio di Roma. Membro di Direzione del PD di Roma. Conosco i partiti, conosco Roma, la patria dei partiti. Voglio cambiarli, con lealtà e senza paura. Perchè è l’Italia che ce lo chiede con forza ogni giorno.

Al di là delle cose dette, perché si parla anche per prendere voti, quali sono le cose che se venissero eletti domani mattina sarebbero in condizioni di fare?

Elisabetta: Modificare la riforma Fornero dilatando lo sviluppo temporale e affiancandogli una rete di strumenti a sostegno del reddito, attuare sgravi e incentivi per l’occupazione giovanile, riformare i vincoli del patto di stabilità permettendo agli enti locali di effettuare investimenti per lo sviluppo e la messa in sicurezza del territorio e riavviare il lavoro delle imprese locali, garantire la cittadinanza a tutti i bimbi nati in Italia da genitori stranieri immigrati nel nostro Paese, riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali.

Andrea: In pochi giorni: ridurre  gli organismi pletorici dei governi, imporre la trasparenza degli atti pubblici nelle amministrazioni. Fare 2 leggi: abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, riduzione del numero dei parlamentari ed equiparazione dello stipendio a quello dei sindaci. In una parola: dare l’esempio.

Dal vostro punto di vista quali sono le priorità?

Elisabetta: Affrontare la crisi proteggendo i cittadini più deboli con la consapevolezza che i cittadini più deboli siamo noi, tutti, gli inoccupati e i lavoratori dipendenti, che non si esce dalla crisi da soli e che non sarà un percorso rapido. Attuare politiche del lavoro capaci di combattere il 36% di disoccupazione giovanile, favorire il reinserimento degli esodati e rimettere in moto l’economia. Politiche del lavoro, non spot. Sono longobarda, sono stata amministrata per anni da Formigoni, maestro nel trasformare la politica in voucher: dare 100 euro in più a chi guadagna meno di 2000 euro, come dice Renzi, oltre che essere inattuabile perché non ha reale copertura finanziaria è il livello zero della politica, la voucherizzazione è la risposta di chi non crede nel futuro e nel cambiamento attuabile con la politica, è il modello delle destre. Lotta alle organizzazioni criminali a stampo mafioso perché l’Italia non sarà una Repubblica sino a che la vita e le scelte delle persone non saranno libere ma continueranno ad essere gestite e schiacciate dalle organizzazioni criminali a nord come a sud, l’Italia non sarà Repubblica finché la mafia viene rappresentata nelle istituzioni politiche, è la prima industria italiana e rappresenta per molti italiani l’unico welfare. Riforma della pubblica amministrazione. Il 50% del Pil è assorbito dalla pubblica amministrazione e questo potrebbe essere un dato di civiltà se le risorse venissero impiegate a favore dei cittadini e non per autoconservare la macchine pubblica. Affinché questo accada occorre ridare autonomia – costituzionalmente prevista e storicamente posseduta – ai comuni, che sono le istituzioni più vicine ai cittadini. Lotta all’evasione anche ripristinando la legge Bersani Visco del 2006 che obbligava ad effettuare modalità di pagamento tracciabili. La legge è stata cancellata da Berlusconi provocando una mancata entrata pari a 40 miliari solo negli anni 2008-2012.

Andrea: La priorità e aumentare la qualità delle persone e la trasparenza dei processi di selezione della classe dirigente. Una volta scelte bene le persone avremo garanzia che i temi possano essere affrontati senza connivenze e o distorsioni. E se dovessi scegliere, ora, due tematiche prioritarie sulle quali intervenire sceglierei: 1) moltiplicazione degli investimenti per combattere l’evasione fiscale; 2) Siamo, davvero, il Paese più bello e rilevante culturalmente del mondo. Potremmo vivere solo di Turismo. Dobbiamo puntarci tutte le nostre fiches.

Perché la lotta alle mafie non è praticamente stata presente all’interno di questo dibattito? Non dovrebbe essere la priorità da 1 a 15 (almeno) di qualunque candidato premier di questo paese?

Elisabetta: Sì, deve essere la priorità nel dibattito e nell’agenda politica perché la mafia “è nei territori a sud e nell’economia a nord” come ha detto Bersani, e io aggiungo che la mafia è ovunque nelle istituzioni e nel servilismo italiano. Non porre la lotta alla mafia al centro di queste primarie è una sconfitta. Una sconfitta per il partito, per gli elettori e per l’Italia. L’attenzione dei giornali e delle televisioni, l’interesse che queste primarie hanno suscitato nell’opinione pubblica dovevano essere usate come strumenti per dire con chiarezza: noi lotteremo contro, noi non abbiamo paura. Bersani però ne parla, Renzi anche nell’ultimo confronto televisivo non l’ha mai neppure nominata.

Andrea: E’ stata poco presente, è vero. Ma c’è un modo solo, secondo me, per affrontare seriamente questo tema: modificare i criteri di scelta della classe dirigente. Se la politica smetterà di fare sponda (a tutte le latitudini) lo Stato sarà veramente Stato, ovunque. Ma la politica non è un soggetto inanimato, la politica sono le persone. E le persone devono essere selezionate diversamente. Avere dirigenti non ricattabili è l’unico modo per avere azioni (leggi) realmente incisive contro le mafie. Leggi che vengano fatte rispettare. Ma soprattutto, più di tutto, dirigenti non ricattabili che siano di esempio danno la forza ai cittadini per poter prendere coraggio, denunciare, ribellarsi e cambiare. Squarciando il velo di omertà.

Considerando il problema precedente, uno dei disastri maggiori dell’Italia è la clamorosa diseguaglianza a livello di qualità di servizi e infrastrutture tra nord e sud. Bersani, Renzi, cosa pensano di fare, ipoteticamente da domani mattina, per dare strade, treni, aerei, bus, acqua corrente e altre amenità del genere a chi non le ha?

Elisabetta: Bersani da Segretario, prima ancora che come candidato alle primarie, ha istituito “Finalmente Sud” una rete rivolta ai giovani per il cambiamento del mezzogiorno, che dopo un anno è attiva e partecipata. Anche da questa esperienza nascono le priorità per il mezzogiorno accumunate dal “nessuno si salva da solo”. Bersani non ha promesso che farà il ponte sullo Stretto, ha però chiaramente detto che bisogna partire dal garantire la formazione a tutti i ragazzi e che le risorse per l’innalzamento del livello di istruzione e per finanziare le infrastrutture verranno dal taglio agli sprechi della pubblica amministrazione. È una risposta poco soddisfacente? Non credo, è un’affermazione di gran senso e realtà: sarebbe populismo puro promettere infrastrutture specifiche senza preoccuparsi di reperire le risorse necessarie a finanziarle.

Andrea: Renzi questo lo dice chiaro da tempo. Per paradosso la spesa pubblica italiana per le infrastrutture è una delle più alte d’Europa. La corruzione fa sì che un km di metropolitana costi 5 volte quanto costa in Francia. Trasparenza negli atti e semplificazione normativa. Non mancano i soldi, manca la capacità a la volontà di finirle, le opere pubbliche.

La campagna elettorale: quali sono state, secondo voi, le cose migliori e quelle peggiori dette da entrambi i candidati?

Elisabetta: La frase migliore di Bersani è “cercherò di guardare il mondo e l’Italia da quel punto di vista, quello della gente in difficoltà più debole, perché secondo me se lo si guarda da quel lato lì faremo un Paese migliore”, la peggiore “se vinci tu, Matteo”. La cosa migliore detta da Renzi è “io mi fido di Bersani”, quella peggiore “l’unica soluzione possibile è andare verso una privatizzazione del welfare”.

Andrea: Le cose migliori, ossia che hanno fatto bene alla democrazia, sono stati i dibattiti. Hanno dato dignità anche ai cittadini, li hanno fatti sentire in un paese normale. La cosa peggiore è che siano stati fatti prima su Sky (audience bassissimo) e poi sulla Rai solo “ad urne chiuse”. E questo è successo, dichiaratamente, per richiesta di Bersani.

Il vostro candidato: qual è il principale punto di forza? Quale la potenziale debolezza?

Elisabetta: Bersani è capace di unire un Paese diviso e con il lavoro ha dimostrato le sue capacità e il vero cambiamento. È diventato Segretario quando il partito era ai minimi storici, deriso e debole, ne ha fatto il primo partito italiano, tenendo sempre ben presente che il nemico non è dentro il PD, è fuori, sono le destre e l’antipolitica. La debolezza di Bersani è che ha una modalità comunicativa che fa bagnare poco il giovane hipster.

Andrea: Il principale punto di forza è la non ricattabilità politica. Che deriva dal coraggio di non aver fatto compromessi elettorali, un coraggio che non ha precedenti in un partito in Italia. La debolezza sta nel fatto di essere in una condizione in cui, ad oggi, non può avere voce in capitolo sulle regole di ingaggio della politica. Perchè le regole le stabilisce il Parlamento.

L’avversario: che idea vi siete fatti circa la sua visione dell’Italia? Perché non va bene?

Elisabetta: Renzi raccoglie perfettamente l’eredità di Berlusconi.  Con troppa scioltezza parla di privatizzare il welfare, di voucher e ne parla impressionando con un format che è quello cui Gori ha abituato la mia generazione, ha allenato il nostro senso estetico. Parla compiacendo la pancia senza alcuna visione strategica e non rendendosi conto che il primo cambiamento che questo Paese deve fare è liberarsi della società mediasettiana. Ha trasformato queste primarie in consumo, vendendo e confondendo il mezzo con il contenuto, come quando alla domanda Europa risponde ad effetto Stati Uniti d’Europa ed Erasmus, che non so voi ma a me scappa da ridere.

Andrea: La visione di Bersani ha un solo problema. Non è la sua. E’ quella degli almeno 15 ex ministri e dirigenti che compiono il 99% delle scelte del centro sinistra. Da 20 anni. Le stesse persone che 5 anni fa hanno fatto nascere il Pd sotto la suggestione della vocazione maggioritaria e in 2 anni lo hanno portato dal 34% contro Berlusconi al massimo del fulgore, al 28% contro nessun avversario. 12 Milioni di voti nel 2008, se si votasse domani con Bersani premier, non si supererebbero i 7 milioni. Perdiamo un milione di voti all’anno. E la cosa peggiore è che a questi dirigenti sta bene. Meglio pochi ma controllabili. E questi dirigenti sono quelli dai quali Bersani non potrà mai liberarsi.

Quali sono i punti di contatto tra Bersani e Renzi?

Elisabetta: La centralità del cambiamento, il riconoscimento dei diritti civili, il taglio dei costi della politica e tutto quello contenuto nella Carta d’intenti del centrosinistra.

Andrea: Dal punto di vista del programma ce ne sono molti su giustizia e  immigrazione ad esempio.

Dell’avversario vi piace meno la persona o chi ci sta intorno? E perché?

Elisabetta: Entrambi. Non mi piace la persona perché non riesce a gestire neppure un banale confronto tv senza i suggerimenti via sms, perché ha talmente pochi contenuti che ha dedicato metà campagna elettorale ad accusare il suo partito e l’altra metà a contestare le regole. Quelle stesse regole create ad personam, per permettere a lui di candidarsi. Non mi piace chi lo affianca perché non sono persone che credono nella Carta d’intenti del centrosinistra che hanno firmato, e l’ultima volta che il mondo della finanza e della destra moderata ha appoggiato un uomo, e non un progetto, quell’uomo si chiamava Berlusconi e il dazio pagato è stato lo sbriciolamento economico, culturale e morale del Paese.

Andrea: Temo di aver già risposto due domande fa.

Quali sono, se gliene attribuite, le cose migliori che Bersani e Renzi hanno fatto in politica?

Elisabetta: Bersani come Ministro le privatizzazioni e come Segretario la credibilità che ha dato al PD, Renzi come sindaco la giunta con parità dei generi.

Andrea: Bersani ha fatto bene nella sua esperienza di Ministro. Ma lo ha fatto tre volte. Renzi ha avuto un coraggio e una coerenza senza precedenti.

Voi vivete nel mondo reale, per cui: al netto delle promesse elettorali, ditemi una cosa che voi, prima che loro, vorreste fatta subito per argomenti come economia, scuola, sanità.

Elisabetta: Per la sanità eliminare la differenza tra il nord e il sud, che il sistema sanitario del nord fosse pulito da infiltrazioni mafiose e religiose, e che il sistema sanitario nazionale sia laico e non scelga per me. Per la scuola abolire la riforma Gelmini e le sue folli conseguenze. Per l’economia combattere l’evasione fiscale e accompagnare le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini nella fruizione dei bandi europei.

Andrea: Economia: combattere evasione fiscale, prima mossa: eliminare, davvero, il contante. Rimettiamo in circolo i 120 miliardi evasi all’anno. Saremmo uno dei paesi più ricchi del mondo. Scuola: azzerare il finanziamento alle private e rendere il lavoro degli insegnati più appetibile (retribuito) anche richiedendogli un impegno maggiore ma rendendolo in questo modo più ambito e qualificato. In brevissimo: aumentare i giorni di apertura delle scuole consentirebbe enormi risparmi per le famiglie e sarebbe importante sia a livello didattico che educativo (il buon Alemanni era preoccupato di questo passaggio, se avete dubbi chiedete a lui come vi ho indicato all’inizio, ndr).

Cultura e turismo, LA risorsa del nostro paese: dall’ analisi dei programmi dei due candidati come pensano di dare una vera spinta a questo settore?

Elisabetta: Cultura e turismo sono legati nel programma a “innovazione” per crescere puntando all’eccellenza del made in Italy, per politiche culturali e turistiche basate sulla qualità e la tipicità, la mobilità sostenibile, le tecnologie legate all’arte, alla cultura e ai beni di valore storico .

Andrea: Renzi la dice come “start up-Italia” soprattutto nel Turismo (oltre che nella ricerca, ecc) e già a Firenze (che di turismo e cultura si nutre) ha fatto grandissime cose. Ovviamente nel sistema paese questo ambito è collegato fortemente al sistema dei trasporti pubblici, tema sul quale Renzi ha preso posizioni nette rispetto al trasporto sul ferro ad esempio.

Comunicazione con i cittadini: siete soddisfatti di come il vostro candidato premier ha utilizzato i nuovi media per comunicare? Pensate che sarebbe necessario estendere questo tipo di contatto anche una volta a palazzo Chigi? Dategli tre consigli che gli permetterebbero di stare più a contatto con i cittadini (contenuti, mezzi, modalità).

Elisabetta: Certo che sono soddisfatta e a Bersani premier consiglierei di sviluppare un software che imponga a tutto il comparto pubblico, dalla sanità, alle scuole, agli enti locali di utilizzare la medesima banca dati per la gestione unica dei dati anagrafici, tributari, sullo stato di salute (…) usabile dal cittadino tramite un’applicazione.

Andrea: Su questo Renzi, oggettivamente, è stato davvero bravo. Ma da premier a mio avviso può migliorare la capacità di stare sul territorio.

Dove sai che inciamperà il tuo candidato e su cosa speri di essere stupito/a dal tuo candidato una volta al governo?

Elisabetta: Temo inciamperà sulla comunicazione con l’elettorato fluido, ma ci sorprenderà con delle riforme coraggiose e innovative.

Andrea: Sarà in difficoltà per la macchina burocratica che deve affrontare. Stupirà il paese per la capacità di non guardare in faccia nessuno.