Cose che rischiate di dire o sentire parlando di sport

Nessuno è esente da responsabilità. Nemmeno io. A tutti capita di essere ignoranti in qualche materia o semplicemente supponenti. Mi sono venuti in mente alcuni concetti (o frasi, o abitudini) che ancora resistono e che ho ritrovato anche molto recentemente parlando dei tre sport che seguo abitualmente per lavoro, ed ecco le mie piccole Top 10. In grassetto le mie preferenze. Chiedo scusa per tutte le volte che ho peccato.

CALCIO

Il problema della coppa.
Gli episodi.
L’essere cinici.
Il carattere.
La parola Scudetto (Che, notoriamente, non si pronuncia).
La piazza.
Gli pseudonimi del catenaccio.
La tecnologia snatura il gioco.
L’inaspettata rapidità delle persone intelligenti nel ragionare per stereotipi.
I giovani si bruciano.

BASKET

“Di là”, “Al piano di sopra” (Cioé nella NBA).
“Non capisco quando è passi, è troppo complicato” (Te lo spiego, non serve la laurea).
“La NBA è un circo”.
“In Europa non sanno giocare, non schiacciano come gli americani”.
“Gli americani non sanno giocare, schiacciano e basta”.
Il parlare del basket che fu descrivendo ogni squadra come un’orchestra.
Il parlare del basket che fu descrivendo ogni giocatore come un artista.
Il parlare del basket che fu descrivendo ogni allenatore come un maestro.
Tradurre le partite in equazioni che si vogliono infallibili. Chiaramente dopo.
Anche qui, i giovani si bruciano.

BOXE

“Il nuovo Tyson”.
“Il Tyson bianco”.
Tyson, come idea generale.
“Ma ve lo rompono ancora il setto nasale?”.
“Si rischia a corteggiare le donne pugili! Ah Ah Ah”.
“Non è più la boxe di Foreman e Alì” (E te credo).
I Klitschko (qui Wladimir e qui Vitali) sono scarsi.
La boxe non interessa più a nessuno (Non è vero/1 -Non è vero /2).
“Ah, si, il filippino” (Manny Pacquiao).
“Sì, però i welter mica sono i massimi” (Eh, no. Rassegnatevi).

Pietro

NBA Preview: come siamo andati finora?

La copertina di Rivista Ufficiale NBA #62

Sul numero 62 di Rivista Ufficiale NBA (gennaio 2012) abbiamo pubblicato una serie di articoli per provare a immaginarci la stagione che andava ad iniziare, accorciata a causa del lockout.

Visto che si riprende a giocare dopo l’All-Star Game, ideale giro di boa del campionato, ho voluto verificare le classifiche a metà dell’opera per vedere come stiamo andando con le nostre previsioni.

(Ri)Ecco, dunque, le classifiche immaginate da Rivista Ufficiale NBA , e tra parentesi i risultati ottenuti finora dalle squadre fino al 22 febbraio, ultima data prima del break per il weekend delle stelle (se volete, qui c’è tutto quello che occorre sapere a proposito dell’All Star Game 2012):

Eastern Conference, Atlantic Division (0/5)

1. New York Knicks (17-18, 2°)
2. Boston Celtics (15-17, 3°)
3. Philadelphia 76ers (20-14, 1°)
4. New Jersey Nets (10-25, 5°)
5. Toronto Raptors (10-23, 4°)

Eastern Conference, Central Division (3/5)

1. Chicago Bulls (27-8, 1°)
2. Indiana Pacers (22-13, 2°)
3. Milwaukee Bucks (13-20, 4°)
4. Cleveland Cavaliers (13-18, 3°)
5. Detroit Pistons (11-24, 5°)

Eastern Conference, Southeast Division (3/5)

1. Miami Heat (27-7, 1°)
2. Atlanta Hawks (20-14, 3°)
3. Orlando Magic (22-13, 2°)
4. Washington Wizards (7-26, 4°)
5. Charlotte Bobcats (4-28, 5°)

Apertura
La pagina di apertura del Season Preview

Western Conference, Northwest Division (2/5)

1. Oklahoma City (27-7, 1°)
2. Portland Trail Blazers (18-16, 2°)
3. Utah Jazz (15-17, 5°)
4. Denver Nuggets (18-17, 3°)
5. Minnesota Timberwolves (17-17, 4°)

Western Conference, Pacific Division (3/5)

1. Los Angeles Lakers (20-14, 2°)
2. Los Angeles Clippers (20-11, 1°)
3. Golden State Warriors (13-17, 3°)
4. Phoenix Suns (14-20, 4°)
5. Sacramento Kings (11-22, 5°)

Western Conference, Southwest Division (0/5)

1. Dallas Mavericks (21-13, 2°)
2. San Antonio Spurs (24-10, 1°)
3. Memphis Grizzlies (19-15, 4°)
4. New Orleans Hornets (8-25, 5°)
5. Houston Rockets (20-14, 3°)

Il totale fa 11 su 30, ma confidiamo di migliorare da qui a fine stagione. Del resto siamo la Rivista Ufficiale NBA, o no?

Pietro

Prince Naseem Hamed vs. Gianmarco Pozzecco

Uno non ho avuto la fortuna di conoscerlo, l’altro sì. Anzi, Poz si diverte a ricordarmi che “mi ha cambiato la vita”. Non sto nemmeno a ragionare se sia vero o no, gli dico sì sulla fiducia.

Un combattimento di Prince Naseem Hamed e una partita di basket di Gianmarco Pozzecco andavano (vanno, a rivederle) prese per quel che erano: dimostrazioni di talento a prescindere. Anche a prescindere dall’effettiva concretezza della loro prestazione ai fini di un risultato immediato.

Due tipi così non potevano che piacersi: non so se Prince abbia mai visto giocare Poz, ma Poz ha visto combattere Prince e se ne è innamorato.

E allora, grazie all’inesauribile Youtube, mi sento di fare questo piccolo omaggio a entrambi. Due che hanno fatto tutto a modo loro. A prescindere.

Vi piace di più Prince?

Vi piace di più Poz?

A me tutti e due.

Pietro

A memoria sugli Spurs (dedicato a “Zuzu”)

Con il successo di stanotte in casa degli Utah Jazz, i San Antonio Spurs hanno vinto l’undicesima gara consecutiva in questa stagione. Siccome non si sa mai quanto durerà, perché per fortuna non ho la capacità di vedere il futuro, ho pensato a tutte le partite degli Spurs che ho visto per trovarne undici che ricordo particolarmente e rendere omaggio alla “mia” squadra NBA

4 aprile, 1993
San Antonio Spurs-New York Knicks 103-108

La mia prima partita NBA per intero, telecronaca di Bob Morse su TMC. Persero gli Spurs, ma io mi innamorai di David Robinson, che sbagliò anche dei tiri liberi importanti. Dall’altra parte c’era Patrick Ewing. Era tutto quello che sapevo di NBA, che gli Spurs erano i buoni (in quanto sconfitti), e i Knicks i cattivi (in quanto vittoriosi a casa “nostra”). Fino a quel momento, per me, il basket era solo la Continpesca Porto Empedocle tra serie C e serie B2, e invece di Robinson la figura del gigante era rappresentata dai gemelli Rocco ed Emanuele Susino. Una vita fa. Anzi, tante.

6 marzo, 1994
San Antonio Spurs-Orlando Magic 111-103

Partita arrivata (per me) in un momento molto particolare. Sempre TMC se non vado errato, ma all’epoca le telecronache le faceva Dan Peterson (che commentava anche la Serie A2 o mi ricordo male io?). Rimonta Spurs contro dei Magic fortissimi, ricordo pure un pericolosissimo goaltending di Dennis Rodman arrivato nel finale (con gli Spurs a +7). Lo maledissi, forse non solo io. Sbagliavo.

1 giugno, 1995
Houston Rockets-San Antonio Spurs 100-95

Se Patrick Ewing e i Knicks furono i miei primi “cattivi” della NBA, non parliamo dei Rockets di Olajuwon. Non mi sono mai ripreso da quella serie, non avevo considerato la possibilità che gli Spurs potessero perdere nell’anno in cui David Robinson è stato eletto MVP della Lega (una delle gioie sportive più sincere della mia vita). Qui stavo in Francia, la TV non era più TMC ma Canal +.

11 maggio, 1999
San Antonio Spurs-Minnesota Timberwolves 71-80

Gara-2 dei playoff, primo turno. Probabilmente avevo scuola la mattina seguente, o comunque avrei dovuto alzarmi presto. Partita orribile degli Spurs, almeno che io ricordi. A un certo punto vidi Nesterovic, appena arrivato nella NBA, confinato in panchina a prestare attenzione durante un timeout. Pensai: che spreco.

16 giugno, 1999
San Antonio Spurs-New York Knicks 89-77

Prima partita di finale NBA, i 33 punti e 16 rimbalzi di Tim Duncan impossibili da dimenticare. Ero ancora un tifoso ingenuo (e per questo genuino), da allora tra me e il tifo si sono intromesse molte cose, alcune buone e altre no. Ma come potevo non amare una squadra che ha portato a quel livello Mario Elie e Jaren Jackson, che per me erano solo oscuri giocatori con cui non riuscivo mai a fare canestro giocando con la mia Mega Drive? Chi di voi ricorda il gioco “Bulls vs Lakers”? Io sì, non ho potuto farne a meno per tantissimo tempo.

25 giugno, 1999
New York Knicks-San Antonio Spurs 77-78

Avery Johnson, e ho detto tutto. Ero felice, ho urlato nella notte. In quei giorni di disputavano i campionati Europei in Francia, l’Italia li avrebbe vinti nella mia Parigi una decina di giorni dopo. Ero diventato, da poco, amico di Daniele Baiesi (oggi scout dei Detroit Pistons), che conobbi per caso a Bologna: fu lui ad attendere me, mio fratello e mio padre all’entrata del palazzo a Casalecchio, accompagnavamo il PSG-Racing di Bozo Maljkovic in trasferta (avrebbero affrontato la sera dopo la Kinder) e ritardammo, credo, di 30 secondi all’appuntamento previsto per il bus verso il palazzo per andare a vedere tutti insieme Teamsystem-Ulker. Il coach ci lasciò a piedi, ma ci fece chiamare un taxi (secondo i racconti dal bus). “Baio” teneva ai Knicks, in quella finale, e mi chiedeva aggiornamenti mentre lui era in giro a seguire gli azzurri. Lui voleva la vittoria di Spree, invece il tiro vincente della serie lo mise (probabilmente) il più scarso di tutti, tecnicamente parlando.

21 febbraio, 2001
San Antonio Spurs-Los Angeles Lakers 99-101

Altra nottata a vuoto. I Lakers si presentarono senza Kobe Bryant. Furoreggiò Isaiah Rider. Ma è possibile? Ecco, pensai questo, ma non esattamente in questi termini.

9 maggio, 2004
Los Angeles Lakers-San Antonio Spurs 105-81

Con gli Spurs avanti 2-0 nella serie e i Lakers in grande difficoltà anche fisica (quelli con Payton e Malone), pensavo che fosse la volta buona per provare a vincere due titoli consecutivi. Spazzati via, mi arrabbiai come poche altre volte nel veder giocare Tony Parker, che accusai di essersi nascosto. Da quel momento solo Lakers, nella serie.

23 febbraio, 2011
San Antonio Spurs-Oklahoma City Thunder 109-105

I 19 punti di Gary Neal, le corse, i tiri in transizione, un gioco meno orientato alla difesa e al controllo del ritmo. Dove cavolo erano finiti gli Spurs che conoscevo? Poi ho trovato la fregatura, l’eliminazione al primo turno contro Memphis. Ma per tutta la regular season ho ammirato una squadra che ha saputo cambiare pelle adattandosi meglio alle caratteristiche e alle esigenze dei propri giocatori. Questo significa allenare. Grato a coach Popovich per averlo dimostrato.

4 febbraio, 2012
San Antonio Spurs-Oklahoma City Thunder 107-96

Partita che ricordo con grande piacere per una semplice ragione: Tony Parker, diventato quella sera il n°1 negli assist nella storia della franchigia. L’ho visto arrivare al PSG-Racing (di cui ormai da anni non perdevo una partita, e l’unico titolo vinto arrivò grazie all’ex Spurs J.R. Reid nel 1997), non era ancora maggiorenne e sarebbe stato la riserva di Laurent Sciarra (poi visto a Treviso, oggi allenatore, uno dei più bravi passatori che abbia mai visto di persona e allora playmaker anomalo col suo metro e novantacinque). Ricordo la timidezza della sua prima intervista, poi la prima volta che segnò 23 punti (contro il Gravelines? Così mi pare). E ricordo anche i suoi fratelli, T.J. e Pierre, nelle giovanili. Sono stato brevemente dirigente accompagnatore e assistente della squadra “Cadets” del PSG-Racing, T.J. giocava lì. Conservo nella mia memoria le trasferte in Normandia, dove i Parker sono cresciuti e ogni volta venivano accolti con enorme affetto. Una volta venne anche Tony in bus con noi. Vederlo oggi, sinceramente, mi fa impressione pensando a quello che era in quegli anni.

18 febbraio, 2012
Los Angeles Clippers-San Antonio Spurs 100-103

Mi stavo innervosendo, perché gli Spurs sono stati avanti tanto (e di tanto) prima di buttare tutto via nel finale. Poi l’errore sulla rimessa dei Clippers, la tripla di Gary Neal per il pareggio e quindi il supplementare, poi quella che di fatto ha deciso la vittoria per “noi”. Ho sentito tante volte, quando ha giocato a Treviso, dire di Neal che era “bravino ma non aveva le palle“. Già.

Pietro

Applaudo Siena, e sono curioso

Quattordici trofei su sedici (in Italia) dalla stagione 2006-07 a oggi. Non serve altro commento per parlare della Montepaschi Siena e di ciò che sta facendo nel basket italiano.

Giusto oggi mi sono chiesto: saranno già iniziate le grandi manovre senesi?

Perché, va sottolineato, questa squadra si avvia ad esaurirsi.

La vittoria in Coppa Italia è stata splendida, schiacciante. Controllando Sassari, scappando e poi lottando contro Milano, devastando Cantù.

Quarta Coppa Italia in quattro anni, prima squadra di sempre a riuscire in questo. Vittoriosa in campionato da cinque (vedremo come andrà ai prossimi playoff). Qualunque cosa si possa pensare di questa squadra, non si può che rispettarne la forza e la capacità di vincere. Almeno, io la penso così.

Ora sono curioso di capire come tutto questo sarà riprogettato, con un budget che verosimilmente andrà rivisto al ribasso. Ed è chiaro che non si può pensare a troppo futuro con questo roster (quattro giocatori classe ’77, due classe ’78, un ’79, due ’80, contando anche l’infortunato Kaukenas).

E allora mi piacerebbe sapere quali sono i piani, anche di Simone Pianigiani. Nel senso che rifare una squadra è sempre più difficile che farla, e ci vogliono motivazioni particolari (non inferiori, rispetto a continuare con una squadra che si conosce alla perfezione ma semplicemente diverse).

Come vorrà rifarla Siena questa squadra? Promuovendo qualcuno e rinunciando a qualcun altro? Monetizzando su McCalebb, Andersen o Lavrinovic? Provando a tenerseli tutti e tre consumando parecchio budget? O solo due? O solo uno?

Con Pianigiani? O con quale altro allenatore? Banchi? Uno straniero?

Si vedrà mai qualche ragazzo uscito dalle giovanili diventare un giocatore importante per questa squadra, posto che in passato di ottimi ragazzi ne sono passati di lì?

Aspetto con grande curiosità le risposte a tutte queste domande, perché il cambiamento ultimamente mi incuriosisce. La preparazione al cambiamento, ancora di più. Cioè sono curioso delle idee.

Pietro

Tutto a post (sabato mattina tra calcio e pallalcesto)

Calcio

Dall’ultima partita giocata da Thiago Motta (Milan-Inter 0-1), giocatore ritenuto incedibile da Claudio Ranieri, l’Inter ha messo insieme codesti risultati:

Una vittoria (2-1 sulla Lazio giocando malissimo), un pareggio (4-4 contro il Palermo), quattro sconfitte (a Lecce, a Roma, in casa con Novara e Bologna, senza mai segnare e subendo nove gol). Va detto che Motta ha saltato (e avrebbe saltato) Lazio e Lecce comunque, a prescindere dalla cessione.

La cessione di Motta ha aperto nuovi scenari e nuovi obiettivi all’allenatore nerazzurro: giocare per non avere “il problema della coppa” nella stagione 2012-13. Un modo concreto di avanzare verso l’invocato (e giusto, come idea generale) Fair Play finanziario.

NBA

Qualche giorno fa eravamo i soliti in redazione e abbiamo fatto caso al 4-23 di pochi giorni fa. Era il record dei New Orleans Hornets prima di questo filotto di tre partite consecutive. Monty Williams, visto da fuori, mi sembra un allenatore che sa il fatto suo. La sua squadra difende benissimo e lotta sempre. Solo che perdere due All-Star (uno anche un pò più star dell’altro, cioé Paul rispetto a West) e non avere quasi mai i due giocatori più importanti arrivati per sostituirlo (Eric Gordon ha giocato solo due partite, segnando anche il tiro della vittoria a Phoenix nella prima uscita stagionale, Kaman al suo meglio s’è visto poco) è un massacro che non si merita. Non se lo merita nemmeno Marco Belinelli: trentanove punti nelle ultime due partite, diciassette questa notte quando proprio gli Hornets sono riusciti a far perdere la prima partita a Jeremy Lin (che ne ha comunque messi ventisei con cinque assist, quattro recuperi e 8/18 al tiro, ma con nove palle perse). Terza vittoria consecutiva per gli Hornets, un premio anche al lavoro di Marco, che alla NBA ci tiene come pochi altri giocatori, non solo europei.

Coppa Italia di basket

Sono curioso di vedere la partita tra Montepaschi Siena ed EA7 Emporio Armani Milano, la prima semifinale (l’altra è Bennet Cantù-Scavolini Siviglia Pesaro e mi incuriosisce lo stesso, solo un pò meno). In partita secca queste due squadre non si sono mai affrontate, in questa stagione Simone Pianigiani ha subìto la sua unica sconfitta da allenatore contro Milano e l’Olimpia non vince nulla da sedici anni (Coppa Italia e Scudetto ’96). Pianigiani regalò una battuta, dopo quella sconfitta al Forum di Assago: “Finirà sto lockout, no?”. Il riferimento era a Danilo Gallinari, che lo aveva appena battuto dominando nei minuti decisivi della partita. Motivi di interesse ce ne sono, anche per verificare se davvero Milano sta guarendo (quattro vittorie nelle ultime cinque partite tra campionato, Eurolega e Coppa Italia) oppure se Siena è ancora molto più lontana dei sei punti di distanza in classifica.

Tecnica, tattica e cazzimma

Durante la telecronaca di Avellino-Cantù della Coppa Italia di basket, Valerio Bianchini e Gianmarco Pozzecco sono in vena di rivelazioni scottanti, ispirati dal primo quarto feroce di Marques Green.

Bianchini: “Un giorno rivelerò come io difendevo sul pick and roll di Pozzecco”.

Pozzecco: “Te lo dico io: pregando”.

Amen.

Pietro

Faccio contento Beppe Nigro

E così ecco i pronostici per la Coppa Italia di basket (fatti alle ore sedici e trendadue minuti di giovedì sedici febbraio duemiladocici):

Siena, Milano.
Venezia, Cantù.
Siena, Venezia.
Siena.

Ciao,

Pietro

(Le partite le trasmettono su La7d e La7.it. Tutte tranne la seconda semifinale e la finale, che vanno su La7)

Dieci notizie di oggi

01. Vince il “San Valentino Award” la foto della camera da letto dei coniugi Sneijder, approntata con palloncini, cuoricini e quant’altro dalla signora. Puccettini, guardate.

02. Raul, ex leader assoluto del Real Madrid e oggi allo Schalke 04, si è fatto settanta chilometri per andare a trovare il Barcellona in albergo. I catalani giocano stasera in Champions League, in trasferta contro il Bayer Leverkusen.

03. Floyd Mayweather Jr. ha detto che il boom mediatico di Jeremy Lin è dovuto alle sue origini asiatiche, dunque a una questione razziale. Signorile. Va ricordato che il barone Floyd andrà in carcere il primo giugno (dopo aver ottenuto di andarci più tardi del previsto per combattere il prossimo cinque maggio) per un caso di violenza domestica.

04. I Glasgow Rangers sono in amministrazione controllata: sono notizie che possono rovinare una giornata (e a loro non solo una).

05. John Kirwan (ex CT azzurro di rugby e autore di sei mete per vincere i mondiali con gli All-Blacks nel 1987) allenerà i Barbarians. Dice che era il suo sogno.

06. Da Twitter: “direi decisiva la lettera di meneghin a monti su #roma2020″, scrive Beppe Nigro (amico, collega, maître à penser), che avete letto anche su questo blog. Il basket (anzi, direi lo sport italiano), Dino, ha problemi più urgenti di questo.

07. Massimo Moratti sostiene che Gian Piero Gasperini ha avuto poca classe per il momento che ha scelto per contestare le decisioni del management interiste sul mercato. La verità è che hanno ragione entrambi, il mercato dell’Inter non si capisce. Si possono contenere i costi e avere un’idea. Non cedere i migliori pezzi senza sapere che fare dopo.

08. Già che ci sono, voglio andare a vedere anche Stoccarda-Friburgo (calcio): sarebbe il mio esordio assoluto in Bundesliga. E potrei vedere dal vivo Julian Schieber, mio ingaggio fisso in Football Manager (lo consiglio, gran rapporto qualità prezzo. Ruolo preferito: “attaccante di raccordo”).

09. Tornerò in Germania (24-26 febbraio): ci ero stato per le Final Four di Eurolega (basket) nel 2009, stavolta vado a Stoccarda a vedere il match valido per il titolo Wba dei pesi massimi (boxe, ovviamente). Povetkin (oro olimpico 2004) contro Huck, che sale dai massimi-leggeri per l’occasione (dopo aver difeso per otto volte il titolo Wbo).

10. Mario Monti dice no alle Olimpiadi. Parere scontato e giusto, secondo me. Abbiamo rispedito al mittente le Final Four di Eurolega 2011 a Torino (loro pensavano di fare cosa gradita per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Sbagliavano). Non siamo riusciti ad avere gli Europei di calcio 2012 (a beneficio di Polonia e Ucraina), ci siamo ritirati dalla corsa agli Europei di basket 2013, persi i Mondiali di basket 2014 (Spagna), eravamo con altri tre paesi a richiedere gli Europei 2015 e ci siamo ritirati tutti assieme. Con quali fondi e strutture si pensava di avere le Olimpiadi? Per sapere.

Pietro

Se ci fosse stato “Pierino”?

Piero Bucchi, detto “Pierino” in tono colloquiale (e non certo per paragonarlo ad Alvaro Vitali visto che lui assomiglia di più a Christopher Walken), ha allenato per due stagioni e un tot l’Olimpia Milano, che si chiamava ancora Armani Jeans e non EA7 Emporio Armani.

Esonerato dopo una sconfitta a Cantù e un record che diceva 9-3 in campionato (curioso, anche il record di Scariolo dopo l’ultima sberla per Milano in Brianza), oggi si potrebbe sostenere che quella decisione fu ingiusta. Ma solo se guardiamo i numeri, perché nella sostanza (il gioco, diverse scelte, le dichiarazioni) le prestazioni della squadra sotto la sua guida sono state molto al di sotto dello standard richiesto in una società come quella.

Bucchi ha lasciato (o meglio, è stato lasciato) dopo aver completato solo due delle tre stagioni che avrebbe dovuto chiudere: un sesto e un terzo posto in regular season (a 24 e 18 punti di distanza dalla prima, ovviamente Siena), con due finali scudetto raggiunte anche per pochezza altrui e uno 0-8 nelle finali contro la Montepaschi. Più una Top 16 raggiunta (e bene, in un girone difficile e rimontando anche il CSKA di Ettore Messina in una delle più belle serate vissute al Forum negli ultimi anni) e una no, una Coppa Italia raggiunta (facendosi eliminare da Avellino segnando appena 55 punti) e una no. Ma, come detto, più di questo contavano il brutto gioco, le scelte ostinate, le poche varianti tentate per rimediare alle situazioni, un palese scollamento tra la realtà dichiarata e quella constatata (cioè: la valutazione delle partite).

E quindi si è deciso di voltare pagina. Non commentiamo i mesi con Dan Peterson in panchina, che non hanno fatto registrare alcun passo avanti tanto che la squadra che c’era è stata smantellata. Si cambia tutto, si prova ad alzare il livello.

Scariolo, dunque: scelta incontestabile quanto a prestigio, soprattutto dopo l’ufficialità (visto che ha vinto il secondo titolo europeo consecutivo con la Spagna mesi dopo aver firmato con Milano), arrivato con l’appellativo “Don Sergio” conquistatosi grazie alla sua brillante carriera iberica (anche due titoli ACB e due di Copa del Rey).

In più, l’Olimpia ha avuto tempo per costruire la squadra e anche soldi veri da spendere (fatto non trascurabile in questi anni di crisi). Nomi grossi come Nicholas e Fotsis (Panathinaikos), Bourousis (Olympiacos), semi-grossi (Cook da Valencia e Hairston da Siena), aspiranti-grossi (Radosevic dal Cibona Zagabria) come rinforzi estivi. Poi, visto che c’era il lock-out, pure Gallinari, non previsto dallo spartito (con lui in campo 6 vinte e 2 perse in campionato, 15 nella vittoria contro Siena 63-56 che ha interrotto una serie di 21-0 dei toscani negli scontri diretti).

Tutto questo per arrivare a oggi. Campionato: 12 vinte, 8 perse. Eurolega: 5 vinte, 9 perse tra regular season e Top 16 (l’eliminazione è ormai dietro l’angolo a meno di miracoli). Se i soli numeri dovessero decidere del destino di un allenatore Scariolo non avrebbe scampo, ed è troppo intelligente ed esperto per non saperlo.

A specifica domanda del giornalista de La Repubblica (Massimo Pisa, che segue l’Olimpia da anni) aveva respinto con un sorriso spietatamente ironico (e pure un po’ beffardo) l’ipotesi delle dimissioni, dopo la sconfitta a Varese di qualche settimana fa. Domanda che non è stata posta dopo la débacle interna contro Sassari (senza Travis Diener). Se prendiamo in esame i risultati del 2012 al momento abbiamo: 3 vinte e 5 perse in campionato, 1 vinta e 3 perse in Eurolega.

Diciamolo pure, un bilancio drammatico. Anche perché in campionato le sconfitte sono arrivate a Teramo (oggi 6-12), in casa contro Treviso (8-11), a Biella (9-10), a Varese (10-10) e quindi (dopo due discrete prestazioni e buone vittorie contro Pesaro e Bologna, dirette rivali ormai) il -10 in casa contro Sassari (12-8), dopo la quale ha detto di “essere stufo di prendersi responsabilità non sue” (Ma allora di chi?). Da tre partite (quattro, comprendendo quella al Forum contro Kazan in Eurolega) c’è J.R. Bremer: l’uomo di personalità tanto invocato (visto che allenatore e presidente hanno espresso il parere che gli altri giocatori non ne avessero, o comunque non abbastanza. Chissà come facevano Nicholas e Fotsis da Obradovic, senza personalità). Prima di lui era arrivato Alessandro Gentile, che in personalità abbonda pure lui. Pure troppa, visti gli uno contro tutti giocati da questi due ragazzi contro Sassari.

Ma quello che manca a questa squadra, vista da fuori, è un gioco. Un’idea. Una rotazione definita. Chiarezza nei ruoli. La capacità di leggere le partite. La capacità di sfruttare le qualità individuali (e particolari) dei singoli giocatori invece di metterli in croce per ciò che non sanno fare (non è credibile “scoprire” che Cook non ha tiro, Bourousis fa fatica difensivamente sui pick and roll, che Nicholas non sia un giocatore che fa la differenza dal palleggio e altro ancora, vista la caratura, l’età e l’esposizione avuta da questi giocatori nelle ultime stagioni).

Praticamente manca a questa squadra quello che le mancava, a giudizio della critica (e anche mio), quando in panchina c’era Piero Bucchi, che pure aveva ambizioni (e atleti) di livello inferiore. Ora, se ci fosse stato “Pierino”, sarebbe durato fino a oggi? La risposta probabilmente è sì, visto che la società milanese ha difeso il precedente allenatore a lungo. Bene fa, se crede in Scariolo, a difendere anche lui.

Ma di questa situazione, di questa apatia e di questo non gioco (perché, dai, il basket dovrebbe essere prima di tutto divertente e al Forum chi si diverte?) qualcuno dovrà pur essere responsabile. L’allenatore? I giocatori? I dirigenti? Il presidente? Insomma, ragazzi, qual è il problema? A mio parere attorno a questa squadra gira troppo poco entusiasmo e troppa voglia di dimostrare serietà. Cosa che se si traduce in musi lunghi fa solo del male.

Si può (anzi, si deve) essere seri e col sorriso sulle labbra. La pallacanestro può essere elevata a scienza purché non si chieda a tutti di viverla come tale. E soprattutto quando questa scienza, al momento, è ben lontana dall’apparire esatta. I giocatori, per definizione, giocano lavorando. Anzi, lavorano giocando.

Però questa squadra esprime poco sentimento, poca passione, poco divertimento. E se non ti diverti è impossibile giocare bene, divertire anche il pubblico, vincere le partite (se non in maniera occasionale). Ma perché questa squadra non si diverte (e non da ieri sera. O l’ha nascosto molto bene)? Questa è, davvero, la cosa che non capisco.

Pietro