OLYMPIACOS-SIENA, STAVOLTA SPALLE AL MURO

Il parallelo facile l’hanno fatto tutti tra la debacle senese di gara-tre e il -48 dell’anno scorso. Essersi fermati a -20 può voler dire che stavolta il crollo è stato meno grave, che questo Olympiacos vale meno dell’anno scorso, che si è fermato nell’ultimo quarto… Un anno fa Siena aveva comunque tutta la serie davanti, stavolta è con le spalle al muro, “do or die”. E essere riusciti a fare il ribaltone un anno fa rende evidentemente anche i greci più pronti a non farsi sorprendere di nuovo.

Siccome Siena praticamente non ha giocato, resta valido quanto detto prima di gara-tre sui temi della serie, ora che si è trasferita al Pireo: ovvero fare la partita anziché subirla. Con audacia, nelle scelte tattiche e nella scelta degli uomini. Ma non ha senso neanche arrivare a parlare di questo se non c’è energia, come è successo alla Montepaschi in gara-tre.

Capitolo rimbalzi. Che lì Siena andasse sotto era nell’ordine delle cose: si entrava nella serie coi greci che prendevano più del 31% dei rimbalzi d’attacco a disposizione e i toscani che concedevano agli avversari più del 31% dei palloni sotto il proprio tabellone difensivo. Eppure in gara-due e tre l’Olympiacos è andato perfino oltre il preventivato, prendendo il 43,2% dei rimbalzi disponibili sotto il tabellone della Montepaschi.

I problemi a rimbalzo nascono anche dalle scelte difensive senesi che – semplificando – mandano un lungo a contenere i pick&roll di Spanoulis e l’altro in aiuto a coprire l’area, lasciando l’area sguarnita. Pensiero con le spalle al muro: se fosse meglio lavorare uomo contro uomo con Spanoulis (1/6 in gara-tre e 7/20 in una serie da 8 punti di media), rischiando anche di risvegliarlo, ma sfidandolo a vincerla da solo per coprire meglio su tutti gli altri e soprattutto a rimbalzo?

Sarà per i problemi muscolari, ma Moss in gara-tre non ha mai tenuto Spanoulis in uno contro uno, costringendo Andersen a mettere una pezza sul buco di Moss, Stonerook a metterla a sua volta sul buco di Andersen, finendo per lasciare sempre un uomo libero: si è notato meno perché l’Olympiacos ha graziato Siena sbagliato otto delle prime nove triple tirate, tutte pulitissime e ben costruite.

Da qui il passo è breve a vedere che i greci non hanno fatto niente di straordinario per vincerla. Al di là del ballo in maschera dell’ultimo quarto da 27-25 di punteggio, nei primi tre quarti i Reds hanno segnato 48 punti, che in media partita fa 64. Da una parte vuol dire prepararsi a una gara-quattro in cui l’Olympiacos possa legittimamente fare meglio, dall’altra concludere (al di là delle osservazioni su Spanoulis) che alla Montepaschi non è mancata la difesa, è mancato l’attacco (i 55 punti sono il minimo stagionale).

Alla Montepaschi è mancata la capacità di muovere la palla e trovare tiri aperti attraverso la circolazione. Più che tiri, Siena costruisce situazioni di uno contro uno in cui affidarsi ai singoli. Tolta da una difesa aggressiva la prima scelta di appoggiarsi spalle a canestro, anche provocando perse toscane, Siena non ha trovato le altre opzioni, o non ha avuto più il tempo di trovarle entro 24”.

Andersen è stato servito per ricezioni in post basso statiche invece che da giochi a due dinamici come nelle gare senesi. I giochi a due sono stati fatti ma in maniera molto stanziale, quasi sul posto, col solo scopo di prendersi jumper senza ritmo dietro ai blocchi o di indurre ai cambi difensivi (una squadra che li fa di sistema perché ha i giocatori per poterselo permettere), invece di fare pick&roll più dinamici che allargassero il campo con maggiori spaziature per costringere la difesa a fare delle scelte.

In questo contesto statico, Andersen ha sbagliato i tiri in allontanamento che pure aveva messo nel resto della serie, McCalebb ha sbagliato gli affondi al ferro che ha messo tutta la stagione (tranne in questa serie), Thornton (anche prima di rompersi la mano) ha sbagliato tutti i jumper che gli sono stati chiesti per punire le mancate uscite di Dorsey. E’ nato da qui il break negativo a cavallo del riposo.

La Montepaschi ha segnato metà dei suoi punti tra i primi 3’30” (quelli del 10-3 senese in avvio) e gli ultimi 3’30” (altri 18 punti). Nei 33 minuti centrali ha segnato la miseria degli altri 27 punti. In particolare sono stati solo 11 nei 21′ dopo il 10-3 iniziale (furono 13 nell’intero primo tempo del -48 dell’anno scorso). E il nocciolo è stato quel break di 20-3 subito nei dieci minuti a cavallo del riposo in cui Siena ha segnato un solo canestro, crollando dal -2 del 15′ (non giocando a basket, ma a gara ancora apertissima) fino al -19 di metà terzo quarto.

L’effetto più evidente della mancanza di circolazione di palla lo fotografano le (mancate) triple. Solo nei ko a Barcellona e con Kazan la Montepaschi ne ha segnate meno delle 5 oltre cui non è riuscita ad andare in ognuna delle tre gare con l’Olympiacos. E ne segna poche anche perché ne tira poche: 13,7 di media, oltre 5 in meno delle 18,9 che aveva in stagione. Solo tre volte in tutto l’anno ne ha tirate meno delle 16 che sono state il massimo di questa serie.

Cercare verità statistiche in partite come gara-tre, con svolgimento univoco e motivazioni evidentemente non solo tecniche, non ha molto senso a fini analitici, può servire al massimo a fare una foto del disastro. Siena non ha bisogno di rivoluzioni ma solo di essere sé stessa dopo aver dimostrato col basket fatto vedere tutto l’anno di essere almeno tra le prime quattro d’Europa. E’ il momento di entrarci, o di non uscirci.

Beppe Nigro
@beppaccio

Siena-Olympiacos 0-1 e palla al centro

La brutta notizia per Siena, dopo la sconfitta interna 75-82 con l’Olympiacos in gara-uno dei quarti di finale, è che la serie è appena iniziata e ha già esaurito o quasi i bonus: dovrà battere i greci, che sono appena venuti a violare il Palaestra, in tutte le prossime tre gare o in tre delle prossime quattro. E per riuscirci dovrà vincere al Pireo: c’è riuscita l’anno scorso, ma quest’anno ne è stato capace solo il Cska
 
La brutta notizia è che dovrà farlo dopo che l’Olympiacos ha dimostrato di non essere affatto dipendente da Spanoulis (i soli 23′ giocati e la sua uscita per falli, con un paio di sfondamenti che non sempre per status gli vengono fischiati, sono un altro bonus buttato al vento): senza lui in campo negli ultimi cinque minuti la squadra di Ivkovic è passata da -3 a +8, dopo essere già tornata da -6 a +1 quando era andato a riposarsi in panca nel secondo quarto.
 
La brutta notizia è che, se l’Olympiacos non lo è stato con Spanoulis, la Montepaschi si è dimostrata invece Andersen-dipendente (e buttare via il massimo stagionale – 28 punti – del colpo del mercato estivo è un altro bonus gettato alle ortiche): dal +7 a 5′ dalla fine non ha segnato nessun altro, Siena ha smesso di costruire tiri e creare gioco, si è limitata a dare palla all’australiano e a McCalebb fermandosi a guardare cosa inventavano.
 
Ma, a quel punto anche meglio difendibili non solo perché stremati, nel finale hanno sparato a salve anche loro. E già con loro in panchina a cavallo dei primi due quarti si era scesi dal +6 al -1. Non è un caso che la Montepaschi sia risalita dal +2 al massimo vantaggio di +10 quando a cavallo degli ultimi due periodi ha trovato produzione di punti credibile altrove nelle iniziative di Rakocevic e Zisis, poi spenti e/o tolti.
 
E a proposito di bonus sprecati c’è quello dell’energia del più giovane Olympiacos che, decisiva per il cambio di passo già negli ultimi minuti di gara-uno, sarà un fattore ancora di più col passare della serie al ritmo di una partita ogni due giorni. E c’è quello dei rimbalzi offensivi: Siena (10) ne ha presi più dei greci (8), che invece in questa fase dovevano essere straripanti.
 
Evidentemente ci si è preparata bene la Montepaschi, come si era preparata bene sul contenimento dei giochi a due orchestrati da Spanoulis, perdendo concentrazione o comunque efficacia contro gli altri annunciati pericoli, Printezis e Hines, o anche lo stesso pick&roll se gestito – come nel finale – da Law invece che dalla stella greca. E ancora non si sono visti Antic e Dorsey ai loro migliori livelli di incisività.
 
La più grande mancanza di Siena, comunque, è nei motivi dei soli 75 punti segnati: l’unica volta che ha segnato di meno, in casa, finì ko contro Kazan. E i motivi sono nella mancanza di produzione offensiva al di fuori dei soliti noti, a cui per l’occasione si è aggiunto a tratti Rakocevic, lanciato titolare. Il grande assente è stato Ksistof Lavrinovic, innervosito dai falli e mai in partita: per di più senza Michelori e con Ress in campo 5′, la coperta là sotto è parsa cortissima.
 
Ma per quasi tutta la sera la Montepaschi ha solo inseguito i quintetti dell’Olympiacos, giocando coi due play o con un play e Rakocevic, invece di imporre l’assetto con Thornton e Moss insieme a cui i greci non hanno una risposta, e che quando proposto a inizio ripresa ha funzionato bene, limitato poi dai falli di Moss e dalla perdita di pulizia di Thornton.
 
Imporre l’assetto più robusto significherebbe dare cittadinanza nella serie a gente come Aradori e Carraretto che altrimenti non vedranno il campo, assottigliando terribilmente la rotazione (i due americani e i due italiani hanno fatto 9 punti in quattro in gara-uno): mandare loro, invece del secondo play, su Mantzaris, Sloukas o Gecevicius non creerebbe scompensi negli accoppiamenti.
 
Loro e il miglior Lavrinovic, oltre al solito Andersen, sono i giocatori ideali per punire la tendenza dell’Olympiacos a scoprirsi sul perimetro dopo che la palla arriva sotto, portata dalle penetrazioni dei tre palleggiatori (McCalebb, Zisis, Rakocevic) o dal gioco spalle a canestro di Andersen, Thornton o Moss. Contestualizzando il tutto a una partita che a inizio quarto periodo Siena aveva in pugno sul +10 e in cui a 2’30” dalla fine si era ancora in parità: molto si è visto, ma molto questa serie ha ancora da dire.

SIENA, CANTU’, L’ITALIA, L’EUROPA E LE ENERGIE

Ammirato dalla devozione con cui Pietro ha approcciato la nuova avventura-blog con una prima giornata di intensa produzione, e onorato di essere stato invitato a contribuire, esordisco e provo a metterci del mio con una delle classiche chiacchiere da bar sport: il doppio impegno settimanale.

La sparo subito: complimenti a Siena e a Cantù per il modo in cui lo hanno gestito fin qui, regalando ai loro tifosi e agli appassionati serate epiche in Europa, attingendo a quelle energie (fisiche, ma direi soprattutto nervose) che hanno risparmiato in campionato, fregandosene di non fare una stagione da record in Italia.

Siena ha visto negli anni scorsi quanto il cannibalismo italiano possa erodere energie che le avrebbero fatto comodo in Europa, per quanto già l’hanno scorso abbia esibito una prova di maturità nella gestione del tutto. Fare bene sia di qua che di là è impossibile o quasi, può capitare piuttosto di fare molto male sia di qua che di là (vero Milano?).

Sia chiaro, se io adesso ponessi la questione a Pianigiani o Trinchieri sono sicuro che mi guarderebbero come se gli avessi offeso il congiunto più caro. Capisco che scegliere le partite non è il messaggio migliore da lanciare a gruppi a cui chiedi continuamente di non mollare un possesso. Vorrà dire allora che sarà un processo inconscio, lo accetto, ma non ditemi che non succede: lo dicono i numeri.

Nel 2012 Siena ha perso tre delle sei partite di campionato giocato, oltre al fatto che le cinque sconfitte fin qui sono già il massimo stagionale da che c’è Pianigiani in panchina. Cantù poi è dall’inizio dell’Eurolega che tiene una media di poco superiore al 50% di vittorie in campionato: ha perso due delle ultime quattro partite, cinque delle ultime undici e sette delle ultime tredici: l’anno scorso ne perse otto in tutta la regular season.

Due squadre che in campionato hanno accettato l’eventualità della sconfitta più di quanto il loro status di top team potesse concedere loro, senza perdere il capo o aprire crisi, vivendo cadute inaspettate con la rabbia di chi non vorrebbe mollare niente ma anche con l’intelligenza di capire quello che è più importante.

Non ce ne vogliano Caserta, Pesaro o Venezia che hanno battuto la Montepaschi o Casale, Montegranaro e Sassari che hanno battuto la Bennet: senza questo cambio di mentalità, forse le loro imprese non ci sarebbero state, o almeno non tutte. Quanto ha pagato Siena? Comunque oggi è prima. Non ha già vinto la regular season con un girone d’anticipo, pace. Quanto ha pagato Cantù? Comunque oggi è terza a -4 da Siena e a -2 dal secondo posto. Alla seconda di ritorno un anno fa era comunque terza a -2 dal secondo posto e il primato era ancora più lontano, 8 punti.

D’altra parte l’equilibrio è sottile: ci vuole una dose notevole di maturità per vivere le sconfitte evitando che intacchino quella mentalità vincente che si lavora ogni giorno per consolidare. Probabilmente ci si arriva non dico alla fine di un ciclo, ma insomma quando la vita di un gruppo è a un punto tale che non c’è più da preoccuparsi della costruzione ma delle rifiniture.

Forse non lo decidono gli allenatori, che non possono lanciare messaggi sbagliati, ma lo decidono il fisico e a volte la testa dei loro giocatori più esperti: alcuni hanno già vissuto queste situazioni. Ma se oggi Siena e Cantù “vedono” l’ingresso tra le prime otto d’Europa e non sono visionarie a immaginarsi un percorso per entrare tra le prime quattro è anche grazie a questo.

Beppe Nigro